Santuari mariani e luoghi della fede

I testi sono liberamente tratti dal sito www.santuari.it e da altri siti


LUOGHI DELLA FEDE NEL DECANATO DI LUINO


Agra
La chiesa di S. Eusebio (ora S. Giuseppe) ora unita al Monastero delle suore Romite Ambrosiane.

Brissago Valtravaglia
La chiesa di S. Giorgio, ricca di affreschi del XV-XVI sec.

Curiglia con Monteviasco
Il rustico monumento di fede dedicato a S. Carlo Borromeo d'epoca seicentesca. I santuari della Madonna del Tronchedo e della Madonna della Guardia che aprono la via verso gli alpeggi dove si conservano alcuni incisioni rupestri.

Dumenza
La chiesa di S. Giorgio a Runo, di origine romanica ma rifatta nel 1494. Il campanile del XIII sec. era forse una torre militare. Chiesa e romitorio a Trezzo con percorso Via Crucis da Trezzino.

Germignaga
La chiesa di S. Giovanni al cimitero sorgeva dentro il castello medioevale. La chiesa di S. Rocco in stile barocco conserva un organo del Carnisi (1852).

Grantola
La chiesa di S. Carlo disegnata dal Richini e quella di S. Pietro al cimitero, con qualche antico affresco ed un bel campanile.

Pino sulla sponda del Lago Maggiore
La torre medioevale dove ha sede il municipio, risalente al '200. La chiesa di S. Quirico rifatta nel '700 offre un bel sagrato con panorama sul lago. Dal lago è ben visibile lo spuntone di roccia detto "sasso di Pino" ramm


entato nel patto di torre tra i vallerani di Blenio e Leventina nel 1182.

Tronzano Lago Maggiore
La chiesa dell'Assunta nella frazione di Bassano, affiancata da un integro campanile romanico, con spettacolare vista sul lago. Così pure dalla chiesa di S. Maria al cimitero dove si ammira la Cappella "liberty" della fam. Marchelli. Altre chiese: S. Rocco a Tronzano e S. Sebastiano a Bassano.

Veddasca
La chiesa di S. Silvestro a Cadero con il suo campanile romanico; dei Ss. Gervaso e Protaso a Graglio; di S. Lorenzo ad Armio; dell'Assunta a Lozzo e della Natività di Maria a Biegno. Possibilità di escursione al lago Delio.

(continua)

 

Luoghi dello spirito sul lago di Como

BASILICA DI SAN PIETRO AL MONTE E ORATORIO DI SAN BENEDETTO
Sono considerati le più importanti e articolate testimonianze dell'arte romanica nell'occidente europeo e fanno parte, con il Monastero a valle di San Calocero, di un unico insediamento benedettino. L'origine si perde nei secoli: i primi documenti di fondazione riportano al VII-VIII secolo mentre la tradizione ne fa risalire la fondazione all'epoca longobarda. La chiesa risale all'XI secolo. All'interno cicli di affreschi e modellati plastici dell'XI e XII secolo oltre alla narrazione apocalittica più interessante del romanico italiano: il trionfo del bene sul male con la sconfitta del drago da parte dell'arcangelo Michele.

Informazioni utili
Sito web: http://www.amicidisanpietro.it - Email: info@amicidisanpietro.it
Tel.: +39 346 3066590 Associazione Amici di San Pietro al Monte (per visite guidate) - +39 0341 550711 Parrocchia
Aperta domenica dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 13:30 alle 16:00 con visite semplici o guidate a richiesta.
Ogni prima domenica del mese si celebra la messa alle 10:30.
Raggiungibile solo a piedi su un sentiero montano (300m di dislivello) di circa un'ora di cammino.
Indirizzo: Pendici del Monte Cornizzolo - Civate

ABBAZIA DI PIONA
La storia di Piona mette radici nel 610 d.C., quando sulla penisola venne fondato un oratorio dedicato a Santa Giustina. Fu consacrata nel 1138 accanto ai resti di un altro edificio romanico, di cui resta la sola abside. Negli anni Sessanta è stato elevato ad abbazia. La navata a capriate ha leoni marmorei e affreschi del XII e XIII secolo; a lato si entra nel suggestivo chiostro (1252-57) circondato da raffinate colonne e decorato da dipinti di diversa data tra cui raro calendario. Presso l'Abbazia è ancora oggi possibile acquistare rimedi di erboristeria e liquori prodotti dai monaci seguendo antiche tradizioni.

Informazioni utili
Sito web: http://www.cistercensi.info/pionaTel.: +39 0341 940331 Fax: +39 0341 931995
Aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 14:30 alle 17:00.
Indirizzo: Via Abbazia di Piona, 55 - Loc. Piona - Colico


SANTUARIO DI GESU' BAMBINO DI PRAGA
Arenzano (Genova)

 

La devozione a Gesù Bambino nel convento di Praga nacque dalla fede di padre Giovanni Ludovico dell'Assunta nel 1628.
Secondo la narrazione del cronista, appena eletto priore, "ordinò al sottopriore e maestro dei novizi, padre Cipriano di Santa Maria, che, per educare i nuovi religiosi, procurasse una bella statua o un'immagine rappresentante il figlio di Dio in forma infantile e la collocasse nell'oratorio comune, dove i frati ogni giorno, mattino e sera, si dedicavano alla preghiera. La principessa Polissena che donò al convento la statua desiderata. Era un ricordo di famiglia; rimasta vedova, nel 1628 donò la statuetta di cera di Gesù Bambino al convento, affinché vi fosse degnamente custodita. Alcuni anni più tardi, nel 1641, su richiesta dei laici devoti, trovò posto in chiesa, offerta alla pubblica venerazione dei fedeli.
Fin dai primi anni del 1600 i Carmelitani scalzi valutarono la possibilità di fondare un convento ad Arenzano come punto di appoggio nel cammino tra i conventi genovesi ed il Deserto di Varazze. Solo nel 1889 padre Leopoldo Beccaro poté realizzare il sogno accarezzato da anni e intitolò la nuova casa religiosa a santa Teresa di Gesù.

Il padre Giovanni della Croce, priore dei Carmelitani scalzi di Arenzano, con il consenso della comunità, il 25 settembre 1900 collocò un piccolo quadro raffigurante Gesù Bambino sotto la statua della Madonna del Carmine nella chiesetta del convento. Da quel momento le cose progredirono con rapidità. Il quadretto fu presto sostituito da una statua, donata anche questa volta da una donna, la marchesa Delfina Gavotti di Savona. Essa fu benedetta il 2 giugno 1902 da padre Giovanni della Croce. Nel 1904 iniziò la costruzione di una chiesa più ampia, inaugurata quattro anni dopo. Nacque la Confraternita del santo Bambino Gesù di Praga, approvata da Pio X nel 1903 e nel 1904. Una serie successiva di avvenimenti contribuì a proiettare il santuario al di là degli orizzonti locali. Il 7 settembre 1924, in seguito ad un decreto del Capitolo Vaticano, la statua di Gesù Bambino fu solennemente incoronata dal cardinale Merry del Val con una corona benedetta personalmente da Pio XI. Il santuario fu consacrato nel 1928 e ricevette in quell'occasione il titolo di "basilica minore".
Passati gli anni del dopoguerra, nel 1962 fu deciso un ampliamento del santuario, portato a termine nel 1966. Non solo la chiesa, ma anche la struttura circostante divenne più funzionale per accogliere l'accresciuto numero di pellegrini e visitatori.
Oggi la devozione a Gesù Bambino di Praga, diffusa in numerosi paesi del mondo, ha nel santuario di Arenzano il suo centro di irradiazione più universale e più vivace. (nov. 2012)


IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SASSO

Orselina, Locarno (Svizzera)

E' un' importante meta di pellegrinaggio, sorge a Orselina, frazione di Locarno (Svizzera) sulla sommità di uno sperone di roccia che s'innalza davanti al Lago Maggiore. Oltre al convento il complesso architettonico, o Sacro Monte, comprende la chiesa dell'Annunciazione, le cappelle lungo la vecchia strada di accesso a valle col portico della croce, la salita della Via Crucis e le sue stazioni in edicole, la cappella della Pietà nel cortile, del Compianto sul Cristo morto, dell'Ultima Cena, e dello Spirito Santo, poste sotto il portico del santuario, la scalinata, la croce votiva cimiteriale, il sagrato e infine la Chiesa di Santa Maria Assunta detta Madonna del Sasso, i cui imponenti ed accurati lavori di restauro, iniziati nel 2010, sono terminati nel marzo 2012.
Alla fine del XV secolo, il religioso francescano fra' Bartolomeo Piatti d'Ivrea, si insediava come eremita in un luoghetto alla base della rupe, proveniente dal convento di San Francesco a Locarno. La sua vita ascetica promosse nella popolazione locale un forte culto alla Vergine, che secondo la tradizione sarebbe apparsa al frate. Una edicola votiva affrescata ricorda l'evento dell'apparizione.
Con l'intenzione di realizzare un Sacro Monte sul modello di quello di Varallo in Val Sesia, a seguito di una visione avvenuta nel 1480, fece costruire l'oratorio della Vergine Avvocata e la cappella della Pietà, consacrati nel 1487. Poi venne dato inizio alla costruzione della chiesa di Santa Maria Annunciata che fu consacrata nel 1502. Sul finire del XVI secolo si diede inizio alla costruzione di una seconda chiesa, collocata in cima alla rupe, che venne consacrata nel 1616. Con l'incoronazione della Madonna del Sasso, avvenuta l'anno successivo, si diede inizio a tutta una serie di lavori di abbellimento e di completamento del Sacro Monte. Sono di questo periodo le cappelle e le sculture fittili poste al loro interno.
La chiesa conserva importanti opere d'arte, statue, quadri di varie epoche. Di notevole pregio la statua miracolosa della Madonna del Sasso, opera lignea della fine del Quattrocento. (ott. 2012)


Santuario Madonna del Rosario
Varallo Pombia (Novara)

Situato nei pressi della parrocchiale, il Santuario Madonna del Rosario, restaurato nel XVIII secolo, presenta una facciata a capanna in cotto ancora incompleta.
L'altare maggiore per molti secoli è stato oggetto di intensa religiosità da parte di numerosi devoti ed anche oggi il sentimento di venerazione è fortemente sentito, come l'altare posto nella navata settentrionale, dedicato a Santa Cristina.
In particolar modo è oggetto di culto l'immagine, raffigurante la Madonna col Bambino in trono e quattro angeli ai lati, ritenuta miracolosa a cui la popolazione è sempre stata molto devota.
Numerosi i restauri succeduti nel corso degli anni: nel 1830 ampliamento della sacrestia, trent'anni dopo vennero aggiunte due navate ed è del 1863 l' altare in marmo in onore di Santa Cristina.
Tale altare è sovrastato dalla pala di Andrea Lanzani (1641-1712) raffigurante il Martirio della Santa. Il campanile è del XIII secolo.
A lato dell'altare maggiore, due grandi dipinti del Novecento, eseguiti da un artista originario di Varallo Pombia, raffigurano il Miracolo della giovinetta che riacquistò l'udito e la parola davanti all'immagine mariana e la Madonna del Rosario con Santi e committenti in abiti rinascimentali, con i quindici tondi dei Misteri del Rosario. è un rifacimento secentesco della precedente chiesa romanica.
Di pregio è la pala posta sopra l'altare di Santa Cristina che raffigura il Martirio della Santa.(sett. 2012)


L'Eremo di Bienno

Si trova in Valcamonica ed è aperto a famiglie, gruppi, singoli per esercizi spirituali, incontri, ritiri.


L'Eremo di Bienno sorge nella media Vallecamonica, nel comune di Bienno (Brescia), su un colle che domina la valle. Ospita comunità parrocchiali e religiose, gruppi giovanili, familiari, professionali, culturali, associazioni e movimenti, singole persone. Offre molte possibilità di formazione e di crescita nella fede: esercizi spirituali, ritiri, incontri di preghiera, corsi di formazione teologica e biblica, incontri per giovani, per i ragazzi che si preparano a ricevere i sacramenti della iniziazione cristiana, per i laici nelle loro diverse vocazioni, per i sacerdoti e le religiose.
Ha corsi di preparazione al matrimonio; accoglie anche persone singole per un'esperienza di dialogo spirituale. La struttura può contare su circa 50 camere per gli ospiti, un auditorium di duecento posti, con annesse sale per gruppi e dunque può accogliere convegni culturali, congressi di categoria o aziendali. È dotato di una biblioteca con circa 30.000 opere, ancora in fase di sistemazione definitiva. La posizione in cui si trova la casa costituisce una terrazza naturale a picco sulla Valle Camonica nella suggestiva cornice dei monti appartenenti alle catene dell'Adamello e della Concarena. A centro metri sorge il Monastero delle Clarisse che volentieri condividono i momenti di preghiera liturgica e la celebrazione eucaristica.
La vita dell'Eremo è animata da una piccola comunità: un sacerdote diocesano e tre suore dorotee di Cemmo. Per l'ospitalità a gruppi, famiglie e giovani verranno applicati prezzi concordati di volta in volta. (Ago.2012)

Per informazioni e prenotazioni:

Eremo dei santi Pietro e Paolo, direttore: don Roberto Domenighini.
Località San Pietro 1 - 25040 Bienno (Brescia) Tel. 0364/40.081
Sito: www.eremodibienno.it; e-mail: info@eremodibienno.it


IL SACRO MONTE DI ORTA

Il Sacro Monte di Orta, situato sulle alture che si affacciano sul Lago d'Orta (Novara), è un percorso devozionale che risale al secolo XVII, composto da venti cappelle decorate da pitture murali e statue a grandezza naturale in terracotta, che illustrano alcuni episodi della vita di san Francesco d'Assisi.
Nella prima fase costruttiva le soluzioni architettoniche prescelte fanno riferimento a modelli tardo rinascimentali: attivi in questa fase, tra gli altri, lo scultore Cristoforo Prestinari, i pittori Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere e il Morazzone, che realizzarono gruppi scultorei intimi e raccolti, definiti con sobrio realismo e raffigurazioni pittoriche descrittive chiare, ma anche eleganti ed aggiornate alla moda dell'epoca.
Dalla metà del Seicento si fa strada un profondo cambiamento nel modo di intendere il percorso sacro che viene riproposto in chiave di sfolgorante spettacolo barocco: protagonisti in questa fase sono lo scultore Dionigi Bussola ed i pittori fratelli Nuvolone.
A fine secolo il pittore lombardo Stefano Maria Legnani introduce al Sacro Monte il nuovo gusto rococò che contraddistingue anche gli interventi settecenteschi, sia per gli affreschi che per le sculture realizzate dal Beretta.
A fine Settecento si chiude definitivamente la storia del cantiere del Monte con la costruzione della neoclassica Cappella nuova, rimasta incompiuta.
Il Sacro Monte di Orta, unitamente agli altri sei Sacri Monti del Piemonte e due della Lombardia, è dal 2003 Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco in quanto rappresenta "la riuscita integrazione tra architettura e belle arti in un paesaggio di notevole bellezza, realizzati per ragioni religiose in un periodo critico della storia della Chiesa cattolica".
L'afflusso al Monte di visitatori è sempre intenso. I fedeli e turisti provengono oltre che dall'Italia, da tutta Europa e dal mondo.


Santuario Madonna della Neve - Adro (Brescia)

Il Santuario è sorto in seguito all'apparizione della Madonna in questo luogo a un pastorello sordomuto l' 8 luglio 1519. Il messaggio della Madonna conteneva un richiamo ad una vita cristiana un po'... più cristiana, e la costruzione di un santuario. Il miracolo del sordomuto che ha cominciato a udire e a parlare ha fatto sorgere in tempo di record il santuarietto (1521). Di questo si conserva solo l'abside con l'affresco dell'apparizione a fianco dell'altare maggiore attuale. L'affresco è del 1550 circa. Il santuario fu visitato da San Carlo Borromeo nel 1581. Divenuto troppo piccolo per l'affluenza dei pellegrini, nel 1750 fu demolito per far posto a quello attuale. Fu costruito su disegno dell'architetto Gaspare Turbini e inaugurato nel 1776. La sua vita ha incominciato a rifiorire non appena ebbe un'appropriata assistenza con lo stabilirsi dei Carmelitani di Santa Teresa, che costruirono il convento qui accanto con il loro seminario. Sotto il profilo architettonico il santuario è veramente pregevole. Il centro spirituale, dopo il tabernacolo, è la Cripta (scuròlo) posta sotto l'altare maggiore. La statua attuale in legno dorato è dello scultore Poisa di Brescia e sostituisce la primitiva del Fantoni. Fu visitato da Giovanni XXIII e Paolo VI quand'erano cardinali. Accanto al Santuario un discreto parco ben ombreggiato, con tavoli e panchine offre gradito ristoro ai pellegrini.
Il Santuario Madonna della Neve si trova in Via Nigoline, 2 ad Adro - Tel. 030. 7356623 (diocesi di Brescia).
La festa principale del Santuario si celebra il 5 agosto: Madonna della Neve, giorno in cui si ricorda la dedicazione di S. Maria Maggiore in Roma. Il Santuario è aperto dalle 6 alle 12 e dalle 14,30 alle 19,30. Il Santuario offre ambienti per ospitalità diurna: un salone della capienza di 250 persone per raduni e conferenze.


Santuario della Beata Vergine Addolorata- Caderizzi (Bergamo)


Il Santuario è custodito dai Monaci Benedettini Cassinesi e si trova in Via Santuario dell'Addolorata a Pontida (Tel.035.795025) in diocesi di Bergamo.
Come si raggiunge. In auto: autostrada A4 Torino-Venezia, uscita a Bergamo o Dalmine, proseguire per la statale Briantea, fino a Pontida. In treno: linea Bergamo-Lecco, stazione di Pontida.
Il Santuario, posto su uno dei declivi boscosi della Val San Martino, risale al 1683, ed è sotto la giurisdizione dei Monaci Benedettini dell'Abbazia di Pontida, fondata da sant'Alberto da Prezzate nel 1076.
Subito si diffonde la devozione alla Madonna dell'Addolorata, e il Venerdì di Passione del 1735 si parla per la prima volta di una festa all'oratorio di Caderizzi.
Nel 1737 ci fu il primo ampliamento con l'erezione dell'altare dedicato a S.Antonio di Padova, alla Madonna del Carmine e a S.Bernardino da Siena.
Nel 1876, l'intervento materno della Madonna, in seguito a un voto fatto da tutta la popolazione, stroncava una misteriosa malattia che colpiva tutte le gestanti e le partorienti.
Da allora non è mai venuta meno la processione votiva annuale al Santuario di Caderizzi, soprattutto da parte delle spose e delle mamme, nel Venerdì della prima settimana di Passione.
Al primo ampliamento del 1737, ne seguì uno straordinario dopo la prima guerra mondiale e nel 1919 l'abate Schuster pose la prima pietra.
Nel 1954 ci fu un ulteriore rinnovamento accompagnato da opere di abbellimento.
La festa principale con processione dell'abbazia al Santuario si celebra il venerdì prima della domenica delle Palme. Messa feriale ore 15,30, festiva ore 16,30


Santuario Madonna delle Grazie - Ardesio (Bergamo)

Il Santuario ad Ardesio Tel.0346.33097 (diocesi di Bergamo). Le giornate commemorative dell'apparizione ricorrono il 22 giugno con la grande processione della sera; il 23, giorno dell'apparizione e il 24, anniversario dell'incoronazione. Il Santuario è aperto dalle ore 7 alle 20.
COME SI RAGGIUNGE In auto: da Bergamo, strada della Val Seriana, a Ponte Selva deviazione per Valbondione (circa 38 km da Bergamo).
In pullman: S.A.B. (Servizio Autolinee Bergamo-Clusone), linea Valle Seriana

Il 23 giugno 1607 un certo Marco Salera aveva nella sua stanza una sacra immagine, fatta dipingere nel 1449 dal pittore Busca di Clusone, che raffigurava Gesù in croce con a lato la Madonna e i Santi. In quella stessa giornata Salera aveva mandato le due figliolette, in questa stanza a pregare.
All'improvviso apparve la Madonna, ai piedi del Crocifisso, tutta risplendente, seduta su un trono d'oro, con in braccio il Figlio.
A ricordo di quella apparizione venne costruito un Santuario con il titolo di Madonna delle Grazie: la stanza delle immagini fu conservata intatta e divenne la cappella Maggiore del Santuario.
L'edificio barocco fu eretto da Giovanni Maria Bettera, e possiede oltre ad importanti dipinti, un grandioso organo e un monumentale campanile (1681).
Sull'arco trionfale che chiude il presbiterio si trova il grande affresco della scena dell'Apparizione di Cesare Maironi. Una sequenza di affreschi sui fianchi della volta commenta le invocazioni della Salve Regina, opera di Francesco Bergametti.
La venerata immagine della Madonna fu solennemente incoronata per decreto del Capitolo Vaticano il 24 giugno 1872 dal vescovo di Bergamo Mons. Luigi Speranza.


SANTUARIO DELLA PASSIONE
SACRO MONTE di TORRICELLA VERZATE (Pavia)

L'edificio venne infatti innalzato, senza fondamento, direttamente sul'"emergenza rocciosa, d'origine vulcanica che domina la valle del Verzate. E' un luogo davvero suggestivo l'insieme costituito dalla chiesa parrocchiale e dalle Cappelle della Via Crucis. Emozionante - è quasi un colpo di teatro l'incontro, dopo '"erta salita, con la chiara e lineare facciata della chiesa inquadrata dalle Cappelle e interessante, sotto il punto di vista devozionale, naturalmente, ma non meno sotto quello storico-artistico. Il Santuario della Passione di Torricella, chiesa parrocchiale intitolata alla Natività di Maria Vergine, è uno dei Santuari più antichi dell'Oltrepo. Sorge sulla collina dalla quale già dominava in epoca medievale il castello, del quale sono ravvisabili tracce nei resti delle mura che corrono intorno al complesso, nonché del ponte levatoio, ancora oggi ben visibile al'inizio della strada dei Dolori della Vergine.
Sul luogo della chiesa settecentesca esisteva già, nel secolo XVI, una chiesa intitolata a Santa Maria, della quale possono essere ravvisate tracce delle mura nella cripta dell'attuale tempio, da poco restaurata dove oggi è stata collocata una scultura lignea raffigurante la Vergine, rinvenuta in un sottoscala nel 1996. La fabbrica per la costruzione dell'attuale chiesa fu aperta nel 1764: il terreno destinato alla nuova edificazione era quello già occupato dalla rocca medievale, donato all'allora parroco Filippo Montagna da Benedetto Ardengo Folperti, magistrato comunale di Pavia.
I lavori furono ultimati nel 1770. All' interno si conserva un organo realizzato dalla Ditta Lingiardi. Fu per volontà del parroco Filippo Montagna che, pochi anni dopo l'ultimazione della chiesa di Santa Maria, fu iniziata la costruzione del complesso delle Cappelle, di stile barocco, edificate tra il 1776 e il 1780 sul piazzale antistante la facciata della parrocchiale. Ognuna delle Cappelle ospita un gruppo scultoreo raffigurante, a grandezza naturale, un episodio della Passione di Cristo: sono complessivamente 52 le opere, realizzate in ceramica policroma dall'artista Pietro uriosa di Arosio, attivo tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del XIX. Ma altri ancora sono i motivi grazie ai quali il complesso di Torricella Verzate si presenta assai interessante. Tra questi la cappella rappresentante l'incoronazione di spinte di Cristo, realizzata nello stesso periodo nel terreno di poco sottostante la chiesa e la "Scala Santa" (coperta nel corso degli anni '30), voluta nel 1876 dall'allora parroco Don Persi.
Infine è da sottolineare che il ricco complesso del Santuario che si completa con la presenza delle sette cappelle rappresentanti i dolori della Vergine, edicole, un tempo tutte affrescate, realizzate nel 1880, sorge in prossimità di un bosco che ne accresce la bellezza.


SANTUARIO DI S. VITTORE martire
BREMBATE (Bergamo)

Il Santuario di S. Vittore sulla riva destra del Brembo, tra i due ponti, l'uno vecchio detto di S. Vittore, l'altro nuovo, costruito sulla fine del secolo scorso, sorge un'antica chiesetta dedicata a S. Vittore Martire Mauritano. Non è mai stata chiesa parrocchiale di Brembate perché fino al 1487, anno in cui s'è ingrandita e dichiarata chiesa parrocchiale la chiesa dei SS. Faustino e Giovita, Brembate era sotto la parrocchia di Canonica d'Adda; però doveva servire prima di quel tempo probabilmente come chiesa principale del paese, essendo la più ampia e la più devota. V'è una chiesa superiore e una chiesa inferiore, o grotta di S. Vittore. Dagli stipiti di due finestre esistenti nella chiesa inferiore si può dedurre con probabilità che quella costruzione sia anteriore al mille. Poi si è fabbricata una chiesa più ampia sopra la grotta stessa e questa, sebbene toccata e ritoccata più volte, non lascia però dubbio sulla esistenza fin dal 1400. Sopra la porta sta un affresco del 1400 rappresentante S. Vittore a cavallo colla bandiera in mano, avente a sinistra S. Sebastiano e a destra S. Rocco. Il presbiterio è a volta, e nella sua forma ricorda assai più l'antico stile di chiese anteriori al mille. È tutto ornato da copiosi affreschi fatti da un certo Giovanni Battista Botticchio nel 1663 e restaurati nel 1881 da Giovanni Tiraboschi. Appena dopo l'arco di apertura nel bel mezzo della volta del presbiterio campeggia S. Vittore in gloria seduto sopra una nuvola e con la palma del martirio in mano. Prima che si apra la piazzetta che sta davanti alla chiesa superiore, verso il fiume Brembo, scende una scaletta, sormontata da quattro archi in pietra, la quale conduce alla grotta. Innanzi a noi si profila un lungo speco, al quale si aggiunge verso il fiume, una specie di atrio artificiale sostenuto da due colonne e chiuso da un muro nel quale si aprono, sempre verso il fiume, due finestre che illuminano il sacro recinto. A metà circa della grotta si trovano una vasca in pietra che dà l'idea di antichissimo fonte battesimale, ed è sottoposta ad un pezzo di roccia sporgente, dove, secondo la tradizione, sta l'impronta della mano di S. Vittore, donde sempre, anche nelle più ostinate siccità, come quella nel 1895, è stillata abbondante acqua e stilla pure oggi una goccia perenne. Adiacente alla grotta è collocata una Scala Santa (così chiamata perchè i penitenti la salgono in ginocchio). Si compone di 33 gradini e porta nella chiesa superiore davanti all'altare della Beata Vergine.


L'EREMO DI SANT'ALBERTO DI BUTRIO
PONTE-NIZZA (Pavia)

Si svela adagio, l'eremo di Sant'Alberto di Butrio. Ramo dopo ramo, pietra dopo pietra. Qui, nell'alta Valle Staffora, la ricca terra dell'Oltrepo si fa più aspra, densa di pini e castagni. E tutto tace quassù, mentre le nuvole vagano pigre e lente in un cielo che a sera si tinge sovente di rosso, tra le mormorate benedizioni dei piccoli frati. Era in cerca di pace e verità, il nobile Alberto. Stanco di guerre e contese, un giorno, improvvisamente, vestì di sacco e si esiliò nella selva più profonda, lontano dagli uomini, vicino a Dio. Pochi lustri erano trascorsi dall'anno Mille. Alberto viveva di nulla, dell'acqua di una fonte, delle radici e dei frutti del bosco. Pregava e meditava, meditava e pregava. Ma era questo ciò a cui il Padre lo chiamava? "Un segno, Signore, manda un segno affinché io comprenda la tua volontà...", implorava l'inquieto eremita.
Un mattino Alberto si sentì chiamare. Il Marchese di Malaspina lo cercava tra gli anfratti della montagna, la ricca veste strappata dai rovi, il volto stanco di un padre che non dorme da tempo. "Mio figlio non parla, non sente... Porta conforto alla mia casa, Alberto, te ne prego". L'eremita avrebbe voluto spiegargli che lui, di miracoli, non ne aveva mai fatti, che a malapena riusciva a badare a sé stesso, che a volte gli sembrava che Dio non ascoltasse neppure le sue di suppliche... Ma non disse nulla. Seguì quell'uomo triste fino al suo castello, impose le mani sul piccolo sordomuto, e questi guarì. Alberto pensò che poteva essere quello il segno divino tanto atteso: aprire le orecchie degli uomini perché potessero udire la Parola di Dio, sciogliere la loro lingua perché ne cantassero la gloria... Così, quando il marchese, raggiante di gratitudine, chiese all'eremita quale ricompensa poteva offrirgli, Alberto gli propose di aiutarlo a costruire una piccola chiesa e qualche cella, lassù, su quello sperone di roccia affacciato sull'Oltrepo. Nacque così l'abbazia di Butrio. Quel che i documenti riportano è che Alberto morì nel settembre del 1073, abate potente la cui autorità si estendeva sull'intera regione e il cui nome era noto e rispettato anche a Roma. Venne canonizzato in brevissimo tempo, e la sua fama di santità andò radicandosi nella tradizione.
I secoli seguenti furono quelli più intensi per il cenobio della Valle Staffora. La primitiva cappella intitolata a Santa Maria venne attorniata da altri due edifici di culto, dedicati al fondatore Alberto e all'abate Antonio; le semplici celle organizzate in un vero e proprio monastero, dotato di chiostro, aule per la vita comune, stanze per i pellegrini. Il declino, lento quanto inesorabile, giunse invece negli anni della Controriforma, quando anche i bianchi Olivetani, dopo una breve esperienza, dovettero lasciare Sant'Alberto, privo ormai di vocazioni.Tempi tristi, di abbandono e rovina. L'abbazia tornò a risuonare delle salmodie degli eremiti solo nei primi anni del nostro secolo, quando il beato don Luigi Orione chiese che il luogo venisse affidato al ramo contemplativo della sua famiglia religiosa, facendolo rinascere a nuova vita. E così è ancor oggi. La chiesa è interamente ricoperta di affreschi, che raccontano le storie di santa Caterina e di san Sebastiano, intervallate e sottolineate da una folla di profeti, di santi e di martiri. Realizzati nel 1484, questi affreschi sorprendono per la vena freschissima, espressa nella predilezione per i colori chiari e i toni squillanti, nel tratteggio vivace delle figure, nella semplicità ed efficacia degli schemi narrativi.
Da qui attraverso un'arcata si può accedere alla chiesa di Santa Maria, la più antica, quella che lo stesso Alberto avrebbe costruito attorno alla metà dell'XI secolo, e a quella di Sant'Alberto, eretta pochi decenni più tardi, forse alla morte del santo fondatore. Proprio qui, secondo la tradizione, in una tomba scavata nella viva roccia, riposano le spoglie di Edoardo II, re d'Inghilterra che fuggì l'amara patria per trascorre a Sant'Alberto di Butrio gli ultimi anni della sua vita, in preghiera e penitenza.


L'abbazia di Morimondo


Si trova a pochi chilometri a sud di Abbiategrasso (MI), facilmente raggiungibile quindi anche da chi giunge in autostrada.
"Morimondo", morire al mondo. Volgevano le spalle al secolo, i cistercensi che nel 1134 giunsero nella valle del Ticino, vicino ad Abbiategrasso. Un desiderio grande di spiritualità, una vocazione all'ascesi, un'ideale di perfezione da raggiungere attraverso il silenzio e la meditazione. Con il passare del tempo, quest'ansia di rinnovamento e di fedeltà al Vangelo sarà duramente messa alla prova. Ma nella prima metà del XII secolo, negli anni colmi d'entusiasmo in cui andava nascendo questa nuova comunità, la croce e l'aratro erano davvero gli strumenti quotidianamente nelle mani dei cistercensi di Morimondo. Anche l'arte diventerà uno strumento di rivelazione, di rinascita, di una conversione. Il complesso di Morimondo non farà eccezione. La sua chiesa, dedicata a Maria come tutte quelle dell'ordine di Citeaux, appare come una summa del pensiero teologico di s. Bernardo: ampia, spaziosa, retta su forti pilastri, anelante al cielo. E tuttavia semplice, essenziale, dove l'equilibrio stesso diventa bellezza, e dove perfino le irregolarità sono memento al monaco del suo faticoso cammino verso la perfezione cristiana. La costruzione del tempio, avviata attorno al 1180, proseguirà per oltre un secolo, giovandosi delle esperienze fatte nella vicina Chiaravalle e in altri cantieri lombardi, e determinando così, quaggiù, un'architettura più matura e completa, gotica nella forma, monastica - secondo la declinazione cistercense - nell'essenza. Ma non mancarono le difficoltà. Morimondo crebbe rapidamente, forse persino troppo rapidamente. Nel giro di pochi anni aveva generato due filiazioni, Acquafredda nel comasco e Casalvolone nel novarese, mentre il numero dei suoi monaci andava sempre più aumentando. Nello scriptorium lavoravano alcuni tra i più abili copisti e miniaturisti dell'epoca, producendo volumi ricercati in tutta Europa. Acquisizioni e donazioni ne avevano esteso i possedimenti, portando maggiori ricchezze, ma anche nuovi problemi. L'abbazia ticinese ebbe Federico Barbarossa per amico, il che non le giovò certo nei rapporti con Milano. Federico II, più tardi, le negò quella protezione che pur le aveva assicurato, lasciandola in balia di saccheggi e distruzioni. Nel Quattrocento finì in commenda, ma riuscì a riprendersi grazie all'innesto di cistercensi fiorentini. San Carlo Borromeo volle affidarle nuovi compiti pastorali, quale parrocchia dei centri rurali attorno. Ma dalla fine del Settecento, con le soppressioni napoleoniche, Morimondo vide disperdersi l'intero suo patrimonio, i suoi ambienti trasformarsi in cascine e case coloniche, deperendo, stravolgendosi, giorno dopo giorno. Il disinteresse e l'abbandono sono durati a lungo. Ma da una decina d'anni le cose stanno cambiando. Per le antiche sale, all'ombra del chiostro, oggi si incontrano le nere vesti dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, che con passione e modestia hanno riannodato i fili di una lunga storia, prendendosi cura di quel che rimane, promuovendo il restauro di ciò che va salvato. E l'abbazia di Morimondo finalmente rinasce.


La chiesa dei Santi Colombano e Gottardo, ad Arlate

Situata nel territorio del Comune di Calco (Lecco), la chiesa parrocchiale di Arlate ha già festeggiato il millenario della sua dedicazione.
Documenti ve ne sono pochi. Le fonti, per lo più, tacciono. Ma della chiesa dei Santi Colombano e Gottardo, ad Arlate, nel cuore della Brianza, a parlare sono le pietre stesse. Pietre che raccontano di veglie monastiche, di mormorate preghiere di generazioni e generazioni, di un intero millennio di storia e di fede. Con un linguaggio i cui accenti sono forse cambiati nei secoli, ma che resta immediatamente, naturalmente comprensibile a tutti, ieri come oggi: quello della bellezza.
Un'autentica gemma dell'arte romanica, questa parrocchiale di Arlate, seppur forse poco nota. Dove anche le aggiunte e i rifacimenti succedutisi nei secoli, fino agli interventi di restauro di quarant'anni fa, sembrano essere stati intimamente rispettosi, caso non comune, dello spirito iniziale dei fondatori. Fondatori che, al principio dell'XI secolo, avrebbero portato il nero abito dei monaci di Cluny, gli illuminati riformatori dell'ordine di san Benedetto, che nel solo territorio lombardo diedero vita, in rapida successione, a una settantina di priorati: centri di spiritualità, ma anche di cultura e di ospitalità, per viandanti e pellegrini.
Incuriosisce, tuttavia, quella duplice dedicazione a Colombano e Gottardo. Vescovo e abate cluniacense, quest'ultimo, e quindi caro alla memoria dei benedettini, invocato contro la grandine, la febbre, le malattie dei fanciulli per i molti miracoli compiutisi in suo nome. Missionario, invece, il primo, e proveniente dalla lontana Irlanda, che all'inizio del VII secolo, fra invasioni barbariche, scismi ed eresie, con i suoi compagni scese fino in Italia, promuovendo un grandioso rinnovamento evangelico e culturale. La chiesa di Arlate, insomma, potrebbe avere un'origine ancora più antica, precedente al Mille e scaturita, chissà, dalla presenza quassù di quei monaci nordici e itineranti. Ma anche restando alla solida realtà dell'edificio, le suggestioni non mancano. Come la rude eleganza delle murature. Come l'accostamento, ben riuscito, fra vetuste memorie e artistiche opere contemporanee. Come i pochi, e quindi ancora più preziosi, frammenti degli originari affreschi. E come, soprattutto, la simbologia che pervade l'intero tempio, insistendo sul numero tre. Tre, infatti, sono le navate della chiesa. Tre le absidi. E tre le finestre che si aprono ad oriente, nell'abside centrale, illuminando la mensa eucaristica al sorgere del sole. Luminosa allusione al mistero della Trinità, caro alla teologia benedettina e alla spiritualità monastica.


La badia di s. Gemolo a Ganna

L'antico priorato di San Gemolo, appartato e discreto sulla strada che porta a Bedero Valcuvia, emana un fascino reale, a cui non è possibile sottrarsi. Solida come una fortezza, la badia pare vivere d'esasperati contrasti - i pieni e i vuoti, le luci e le ombre, l'alto e il basso - esaltati dalla grigia pietra e dagli intonaci bianchi.
L'ospizio venne fondato, sul finire dell'XI secolo, da alcuni monaci benedettini dell'ordine riformato di Cluny. Il loro scopo? Quello di sempre, in simili circostanze: offrire riparo e protezione, materiale e spirituale, a viandanti e pellegrini. E davvero ce ne era bisogno.
La storia stessa insegnava, del resto. Gemolo a cui la chiesa della Valganna è dedicata era un giovane che proveniva d'oltralpe. Accompagnava lo zio, vescovo di una qualche città di Francia, nel suo viaggio verso Roma. E proprio da queste parti, si narra, una banda di predoni assalì i viandanti privandoli di tutto. Cosa affatto rara, purtroppo. Gemolo reagì, inseguendo i banditi e implorandoli di restituire le sacre cose che avevano sottratto al convoglio episcopale. Per tutta risposta ricevette un fendente che lo uccise. Si era allora nei primi decenni dopo il Mille.
Una brutta vicenda di violenza, e che tuttavia non doveva finire così. Perché il luogo dove Gemolo era stato sepolto divenne ben presto meta di visite e pellegrinaggi, e il suo nome venerato come martire e come santo. Se ne ricordarono i cluniacensi, appunto, che proprio attorno a quella prima cappella diedero vita ad un'abbazia di grande importanza per la vallata, perpetuando il ricordo di quel giovane generoso e sfortunato.
Il complesso così come oggi ci appare è il risultato di varie epoche costruttive, ma l'impostazione romanica è certamente quella che più si evidenzia. Una struttura massiccia, che non concede fronzoli né facili estetismi. La chiesa non ha quasi facciata, perché, come in altri templi lombardi della medesima epoca, il campanile le sorge direttamente addossato. Il tutto è realizzato con grandi blocchi di pietra locale, quella porfiroide con venature rossastre del monte Mondonico e quella arenaria e grigiastra di Cuseglio, giustapposti e alternati secondo un gusto che non può non essere intenzionale, proponendo un evidente gioco decorativo.
Tre le navate, dove quelle laterali appaiono coperte da volte a crociera, mentre quella centrale è a botte e decorata a più riprese. Sparsi qua è là, quasi come relitti, spuntano brani d'affresco databili tra il XIII e il XV secolo, alcuni di viva bellezza. Ma il tutto è bisognoso di restauri, ormai non più procrastinabili.
Lo spazio più interessante della badia di San Gemolo resta tuttavia quel suo chiostro pentagonale di cui si diceva, che offre suggestivi scorci e belle prospettive. Differenti sono i tempi della sua realizzazione, e questo potrebbe forse spiegare la singolarità della pianta: tre lati presentano archi a sesto acuto poggianti su pilastri ottagonali in cotto, e datano al Trecento; gli altri due sono più tardi, più massicci, frutto probabilmente di rifacimenti seicenteschi. Ma chi conosce la vera storia di questo chiostro pentagonale? Forse quell'enigmatica figura lassù, sul campanile. Che però tutto osserva e nulla dice...


In visita alla casa natale di Giovanni XXIII
C'è un continuo affluire di gente, in questa bassa cascina di Sotto il Monte, luogo natio di Angelo Roncalli, che ascese al soglio pontificio scegliendo per sé il nome di Giovanni. Uomini, donne, anziani, bambini entrano come in chiesa, in punta di piedi, in silenzio. È che fra queste ruvide pietre, nel raccolto cortile acciottolato, fra le travi ormai secolari, si respira come un'aria d'incanto, che non sa di favole ma di umanissima realtà, impastata di una fede genuina trasmessa di generazione in generazione. Davvero, dicono gli sguardi attenti e commossi dei visitatori, questo Papa Buono, questo uomo santo innamorato di Dio, era uno di noi. E chissà che anche noi, allora, si possa essere un poco come lui...
"Umile e semplice", definiva il suo amato paese Giovanni XXIII. O anche "il mio caro nido". Sotto il Monte si trova ai piedi di una leggera collina, in cima alla quale svetta una torre antica, mèta preferita dei passi di Roncalli. E dei suoi occhi. Quando infatti, consacrato vescovo, Ca' Maitino divenne la sua estiva dimora, egli, fra tutte, si scelse proprio la camera che s'apriva intera sul suo "bel San Giovanni".
Angelo nacque il 25 novembre 1881, quarto di tredici figli. La sera di quello stesso giorno ricevette il battesimo nella chiesa di Santa Maria in Brusicco che si trova a pochi passi soltanto. Padrino fu scelto il prozio Zaverio, detto "Barba" in quanto celibe: "Uomo pio, devotissimo e istruito la sua parte nelle cose di Dio e della religione", lo ricordava il Papa, con fervida gratitudine, anche a distanza di tanti anni. Come mamma Marianna ("pia, innocente, laboriosissima, dalla coscienza semplice e pura"), come papà Giovanni Battista ("quei suoi occhi pieni di luce e di sorriso, di onestà scrupolosa"), come il parroco don Francesco ("ottima e viva figura di integerrimo sacerdote").
Un piccolo, vitale mondo domestico, colmo di affetti, pronto alla generosità. E quei volti ancora ci guardano. Cotti dal duro lavoro nei campi, ma soprattutto sereni, illuminati da una quiete interiore, si mostrano nelle fronde dipinte in una stanza al pian terreno, simpatico albero genealogico che dalle radici in terra bergamasca è fiorito fino in San Pietro.
"La Provvidenza", raccontava Roncalli, "mi trasse dal mio villaggio nativo e mi fece percorrere le vie del mondo in Oriente ed in Occidente". Per questo, proprio accanto al focolare che lo aveva scaldato bambino, volle dar vita a un luogo di formazione per missionari, per accendere il cuore di tutti i popoli sulla terra nell'annuncio di Cristo. E davvero non stride questo accostamento di vecchio e di moderno, di intimità e di mondialità, fusi nel ricordo e nel magistero di un pontefice che seppe infondere nuova linfa nelle vene bimillenarie della Chiesa.
Nella corte, tra i rami del gelso posto nel mezzo, un merlo ripete il suo verso, canoro, insistente, al quale fa eco lo scampanare della chiesa parrocchiale, che chiama a raccolta per il vespro. Quelle campane che, come confidava il Papa Buono ricordando i suoi giorni a Sotto il Monte, "sono musica, poesia e anche canto".
Sotto il Monte Giovanni XIII (BG) è collegato con un servizio di autobus da Bergamo. La stazione ferroviaria più vicina è quella di Calusco. Per chi arriva in auto, percorrendo la A4, l'uscita è quella di Capriate. Apertura tutti i giorni, dalle 8.30 alle 17.30.
Info in parrocchia (tel. 035.791146) e casa natale e Pime (tel. 035.791101).


Agliate Brianza - Basilica di San Pietro

Accade a volte di sentire il bisogno di un desiderio di quiete interiore, una necessità di bellezza. Qualcosa che ci aiuti a riflettere, che ci inviti a ricordare. E magari a pregare, con franchezza, con serenità. Sono semplici pietre ad attirarci in questa porzione di terra brianzola. Quelle di una chiesa antica, dedicata agli apostoli Pietro e Paolo, e del suo battistero accanto. Superfici rugose, ciottoli informi, scarne decorazioni. Ma forse è proprio di essenzialità che proviamo nostalgia.
Bisogna girarle attorno, permettendo allo sguardo di abbracciare il fianco solenne della basilica, l'aula battesimale, lo snello campanile. Tre absidi: la maggiore al centro, pressoché doppia per dimensioni rispetto alle altre. L'equilibrio è mirabile, assoluto. Quello stesso equilibrio che ritroviamo nell'interno della basilica, impostata su una pianta a tre navate, classica, lineare, priva di transetto e di cupola. A dividere lo spazio due file di sei colonne, tutte diverse, la maggior parte di recupero. Come pure i capitelli, ricavati da materiali romani, are o cornici. Facendo attenzione si noterà una pietra miliare, con tanto di iscrizioni degli anni dell'imperatore Giuliano; si scorgeranno due delfini abbeverarsi a un vaso da cui spunta un tridente: elegante rilievo, quasi di cesello, del III secolo. Le ampie superfici sovrastanti i colonnati non furono sempre spoglie come appaiono ora. A ben cercare, infatti, si scopriranno frammenti d'affresco, e anche un paio di scene quasi integre, verso l'altare maggiore, come la creazione di Adamo. Sotto il presbiterio si stende la cripta. Luogo raccolto, oratorio protetto di invernali liturgie, in cui lasciarsi irradiare dai primi raggi mattutini, volgendo lo sguardo all'Oriente da cui giunge la Salvezza. Anche qui colonne salde, ma non tozze, con capitelli incisi, più che scolpiti, in un'astrazione di forme vegetali e di spirali. Le volte sono a crociera, spigolose, ossute, quasi a voler dare risalto alle ombre. La dignità plebana di Agliate è ricordata anche dal battistero quasi addossato alla basilica, con i suoi affreschi, che sono belli anche senza voler tenere conto della favola popolare che li vuole di mano di Giotto.

Agliate fu la destinazione di don Luigi Panzeri (nato a Bosisio Parini il 2-2-1906), parroco di Porto Valtravaglia dal 1948 al 1963, quando lasciò la nostra parrocchia. Qui morì il 9-3-1980.


FERMARSI A CONTEMPLARE IL MISTERO
Santuario di S. Caterina del Sasso

In una splendida giornata di primavera potremmo riscoprire la straordinaria bellezza paesaggistica dell'Eremo di Santa Caterina del Sasso, un luogo estremamente suggestivo, ma anche ricco di cultura, di arte, di storia e di fede, che, ad opera della Provincia di Varese la quale ha provveduto al restauro, alla messa in sicurezza, all'allestimento di un ascensore, ha reso molto più agevole e sicuro, anche ad anziani o portatori di handicap, l'accesso e la fruizione di questo luogo. Riflettendo sulla natura di questo monumento, vorremmo fare qualche riflessione che può aiutare a capire più a fondo il suo valore per la vita di tutti. Si tratta innanzitutto di un Eremo, cioè di un luogo isolato che sfida la natura impervia in cui è collocato (in questo caso le rocce a picco sul lago), scelto da alcune persone per vivere nel raccoglimento, nel silenzio, nella riflessione, nella preghiera perché sentivano la necessità di un colloquio con Dio per ridare fiato e fondamento alla vita. Qualcuno dirà: ma questo avveniva molti secoli fa; adesso la comunicazione, la frequenza e la facilità dei contatti, gli spostamenti a cui costringe un lavoro che non è più alle porte di casa, rendono superfluo, se non addirittura impossibile, un atteggiamento di questo tipo. A noi sembra, invece, che la vita troppe volte convulsa ed accelerata, se mai, rende questi atteggiamenti ancor più necessari: abbiamo bisogno di qualche momento di pausa, di silenzio, di meditazione (magari di preghiera) se non vogliamo che la vita diventi una successione di atti e di gesti di cui, alla fine, non si riesce neanche più a cogliere il significato. E l'Eremo di Santa Caterina è lì ancora oggi a dire, a testimoniare, a richiamare questa necessità: vorremmo auspicare che tante persone, visitando questo luogo e cogliendone il fascino e il significato profondo, avvertissero questa nostalgia che, crediamo, c'è nel profondo del cuore di ogni persona.
Un ultimo pensiero: questo luogo riparato, paradossalmente è proprio in un luogo di transito, perché le grandi comunicazioni di una volta si svolgevano non solo per terra ma anche per vie d'acqua, le autostrade degli antichi TIR che erano i barconi: quelli, ad esempio che trasportavano dalle cave di Candoglia la pietra necessaria per la costruzione del Duomo di Milano. Un richiamo al passante al viaggiatore di allora all'esigenza profonda di non perdere di vista quello che dà valore, spessore, significato, valore alla persona umana.
Un richiamo che, anche con la sua eccezionale bellezza, questo sito rivolge oggi a noi, gente affannata e travolta da mille cose da fare: fermarsi un attimo per contemplare il Mistero.


Tre Santuari mariani nella zona del Cremasco

Tre santuari, due diocesi, una provincia. E un'unica, sentitissima devozione: quella nel nome della Vergine. Siamo in terra cremasca, là dove l'occhio si perde in tremule distese di terra grassa e di campi generosi, e le memorie vagano sospese come una nebbia leggera, raccontando di uomini e donne, delle gesta dei grandi, della fede dei semplici. Santa Maria della Croce, Santa Maria della Misericordia, Santa Maria in Bressanoro hanno titolo i tre santuari. Il primo ai margini della nobile Crema, attorno alla laboriosa Castelleone gli altri due. In tutti e tre, insistito, ripetuto, sottolineato l'affidamento alla Madre. A cui rivolgersi nel momento del dolore e del bisogno, a cui invocare l'abbraccio che protegge e che conforta, a cui affidare la propria terra. E soltanto pochi chilometri li separano, un breve percorso da pellegrini, in cui sgranare il rosario, meditando i misteri di lassù. Anche i tempi e i modi della loro realizzazione, in verità, li hanno resi parenti. Testimoni, tutti, di quella straordinaria stagione bramantesca che da Milano, sul finire del Quattrocento, si irradiò per tutta la Lombardia, e nella bassa padana in modo particolare, con esiti notevolissimi. Il gusto appassionato per i volumi, il senso classicamente ritrovato delle proporzioni, la gioia, esuberante persino, della decorazione. È come se il piacere di vivere di questa parte lombarda, così evidente nella parlata, così manifesto nella buona cucina, si sia trasferito anche nell'idea costruttiva, e da lì nell'arte, ampia, vivace, ubertosa. Un fuoco di mattoni inciso nell'azzurro del cielo.
Il nostro breve itinerario può prendere le mosse proprio da Crema, da quel sobborgo a settentrione dominato dalla mole maestosa di Santa Maria della Croce. Non si è preparati a tanta meraviglia. Forse perchè, con un ingiustificato pregiudizio, ci si aspetta di trovare qui una chiesa di "campagna", grande sì, antica forse, ma non un simile edificio, armonioso nelle linee, elegante nelle masse, splendido per equilibrio. Sorprendente, in una parola.
Un fatto criminoso, una tragedia familiare è purtroppo all'origine di questo tempio. Qui, fuori dalle mura della città, nella boscaglia, tale Bartolomeo Petrobelli si accanì contro la moglie, Caterina. Si era nell'anno di grazia 1490. Il delitto avrebbe potuto rimanere impunito, ma l'apparizione della Vergine confortò gli ultimi istanti di vita della sventurata e consegnò alla giustizia l'assassino. Da allora, nelle settimane e nei mesi successivi, in questa zona furono molteplici gli episodi miracolosi e i fatti prodigiosi, tali e tanti da convincere anche gli animi più scettici.


Madonna della riconciliazione e della pace
Santuario di Monte Croce - Balestrino (Savona)

Una vetta di 756 metri che diventata popolare dal 5 ottobre 1949.
In quella data la Madonna, in base alle dichiarazioni di Caterina Richero, a quel tempo bambina dell'età di nove anni, sarebbe apparsa sulla vetta del Monte Croce. Caterina Richero nacque il 7 ottobre 1940 a Bergalla, la frazione più alta di Balestrino, da una umile famiglia di contadini. Era la prima di quattro fratelli e la sua vita trascorse nella serenità della fanciullezza sino all'età di nove anni. Il 4 ottobre 1949 qualcosa cambiò radicalmente la sua vita. Qualcosa che porterà Caterina a sacrificare umilmente la sua vita con una testimonianza di fede continua e silenziosa. Una vita rivolta alla preghiera ed alla devozione per quella figura femminile che le si presentò ben 138 volte sino al 5 novembre 1986 e che il 5 giugno 1950 alla domanda: " Chi sei? " Ella rispose :" Io sono l' Immacolata Concezione ". La vita di Caterina da quel lontano giorno del 1949 non fu affatto facile. Dovette affrontare lo scherno e la diffidenza di molti e soprattutto dovette attenersi a quello che le veniva impartito dal vescovo. Le fu anche proibito di recarsi sul monte Croce ma la Madonna le iniziò ad apparire in casa. In tutti quegli anni la Madonna chiese di pregare molto, di convertirsi, di avere fede e di fare molte penitenze per la conversione dei peccatori. Il 5 ottobre 1971 disse: "Sul monte Croce troverete la luce e la forza, ed Io, in questo luogo, vi otterrò numerose grazie" ed ancora: "questa è l'ultima volta che vengo in mezzo a voi. Verrò un'altra volta solo per te, ma la data ti resta sconosciuta". Il 5 novembre 1986 la Madonna, le riapparve in casa. Dall'ultima apparizione erano passati ben 15 anni di appassionata attesa poi meravigliosamente premiata.
Mons. Mario Oliveri nel luglio 1991 acconsente alla preghiera pubblica, compresa la celebrazione della Santa Messa, e auspica che a Monte Croce si preghi la Mamma del Cielo con l'appellativo di "Madonna della Riconciliazione e della Pace". Il 7 ottobre 1992 incorona la statua adorata nella cappella del Santuario, per poi recarsi a Monte Croce due volte ogni anno per venerazione personale e per stimolare i pellegrini a rendere vive le comunicazioni che la Madonna ha dato a Caterina.


Santuario della Beata Vergine della stella
Lombardia (Brescia)

Sul colle della Stella tra le colline della Franciacorta tra la vastissima pianura e le prime prealpi, dove si ammira uno stupendo panorama, il 31 maggio 1536, apparve la Madonna ad un povero sordomuto, Antonio de Antoni di Gardone Valtrompia, che stava pascolando il gregge di Bonomo Bonomi di Gasparino, possidente di S. Vigilio e proprietario del terreno. Il pastore recitava il Rosario quando gli apparve una stella talmente lucente da superare i raggi del sole ed in mezzo a quella luce apparve la Vergine con il Bambino in braccio. Aveva semplici vesti da popolana e parlò con dolcezza al pastore chiedendogli di invitare gli abitanti dei paesi circostanti a dedicarle un tempio in quel luogo, promettendo dei prodigi e grazie per convincere il popolo. Primo prodigio fu quello di restituire la parola al pastore stesso. Informati dell'apparizione e spinti dal miracolo molti paesani dei tre comuni di confine: Cellatica, Gussago e S. Vigilio, si recarono sul luogo dell'apparizione e poterono ammirare con sorpresa, nel ben mezzo d"una pianura, un disegno di fondamenta al centro del quale si elevava un giglio di inimmaginabile bellezza, sul quale una stella spargeva i suoi raggi.
Di fronte ad un tale prodigio, nel medesimo anno dell'apparizione, si diede inizio ai lavori. Per portare avanti i lavori Paolo III concesse l"indulgenza a chi collaborava alla costruzione del sacro tempio. Il documento dal quale risulta tutto lo svolgimento dei fatti è costituto dai verbali della riunione tenutasi il 24 giugno 1536 tra i rappresentanti dei tre Comuni di Cellatica, Gussago e S. Vigilio. Il 2 giugno del 1537 fu posta la prima pietra del Santuario la cui costruzione ebbe termine due anni dopo. Ma, nel tempo, il santuario fu costantemente abbellito e completato con numerosi altari tra i quali quello dedicato ai SS. Vigilio, Lorenzo e Giorgio, patroni dei tre Comuni e S. Fermo e Gottardo, invocati nelle più gravi necessità.
Nel 1634 venne eretto un altare a S. Carlo Borromeo; nel 1679 venne costruito l"altare maggiore; nel 1691 furono costruite le eleganti balaustre; nel 1696 furono posti i quadri della "flagellazione" e l'"Incoronazione di Maria" e furono costruite le mura di cinta al piazzale; nel 1704 furono poste le due porte dell'altare maggiore e nel 1713 fu posta la cornice dell'immagine della Madonna. L"interesse della gente al Santuario è dimostrata dai continui miglioramenti interni ed esterni continuati ancora in tempi recenti, come la sistemazione all'esterno, sul lato est, di una statua bronzea di Paolo VI dello scultore Minguzzi benedetta da Giovanni Paolo II nel settembre del 1982.


Madonne del latte: un itinerario fra Brianza e Martesana
Alcune venerate immagini nei santuari di Cremeno e di Concesa.

Davvero numerose sono le immagini della Madonna del latte presenti nei sacri edifici della diocesi di Milano.
Un nostro breve itinerario - soltanto un e circoscritto forzatamente a una ridotta aerea territoriale - può prendere il via, allora, dalla chiesa di Santa Maria Nascente presso il convento francescano di Sabbioncello, a Merate. Qui, infatti, lungo la parete destra della navata, si dipanano oltre una cinquantina di affreschi devozionali, databili per lo più alla prima metà del XVI secolo. Fra questi si segnalano ben cinque dipinti raffiguranti, appunto, la "Madonna del latte" nella sua iconografia più consueta: la Vergine siede su un alto trono, reggendo in grembo il piccolo Gesù che accosta le labbra al seno della Madre. Maria - che in alcuni casi accarezza teneramente i piedini del Bambinello, in altri stringe con la mano destra un libro di preghiere - è ritratta solitamente con sguardo malinconico e pensoso, a indicare la sofferenza che le si agitava nel cuore presagendo il destino del Figlio. Il Divino Infante, invece, è raffigurato ora nel gesto di benedire i fedeli, ora mentre si regge, realisticamente, al busto materno. In un caso, inoltre, in un tondo dipinto nel passaggio fra la sacrestia e il coro, Gesù trattiene con una mano un piccolo uccello, che non è il più consueto cardellino (quale allusione alla futura Passione), ma piuttosto una rondine, come probabile richiamo alla Resurrezione. Si tratta, per tutti, di veri e propri ex voto che recano i nomi dei dedicatari di tali affreschi.
Poco oltre, a Garbagnate Monastero, l'antico oratorio dei Santi Nazaro e Celso conserva l'immagine di una Madonna che allatta particolarmente interessante, che reca il giorno preciso della sua esecuzione: 27 febbraio 1526. L'interesse di questo affresco risiede soprattutto nella resa, assai particolareggiata, dell'abito di Maria, rappresentativo della moda tardorinascimentale. Curiosa anche la raffigurazione della Vergine a capo scoperto, senza velo, con i lunghi e mossi capelli che scendono sulle spalle, così come di solito appare più di frequente nell'iconografia della Maddalena.
Spostandoci più a nord, a Cremeno, in Valsassina, troviamo un'altra pregevole Madonna del latte sulla pala d'altare della chiesetta di San Rocco, oggi destinata a Sacrario dei Caduti. L'opera fu realizzata probabilmente durante una delle ricorrenti pestilenze che si abbattevano a quel tempo sul territorio lombardo, come testimonia la presenza accanto alla Vergine col Bambino dei santi Rocco e Sebastiano, invocati appunto contro il contagio. Si tratta di un dipinto dall'efficace forza espressiva, dagli accenti quasi fiamminghi nella resa del paesaggio sull sfondo, e reca la firma del frate domenicano Stefano da Pianello e la data d'esecuzione del 21 aprile 1523. Nell'angolo in basso a destra si può notare il volto del committente, che osserva in preghiera.
Una devozione ancora ben viva è quella che si sviluppa attorno al santuario della Divina Maternità di Concesa, nel territorio di Trezzo sull'Adda. Anche qui, infatti, troviamo un'antica immagine con Maria che porge il seno a Gesù in fasce: un'icona semplice, e che tuttavia agli occhi dei fedeli è sempre sembrata "opera più di un angelo che di un uomo, dipinta in Cielo più che in terra", come si legge nelle cronache dei secoli passati. I padri carmelitani, secondo quella loro particolare spiritualità che ha sempre esaltato la maternità della Vergine, accolgono ancor oggi i genitori che vogliono consacrare i loro figli alla Madonna, soprattutto in occasione di una particolare cerimonia che si celebra nei primi giorni dell'anno, in concomitanza con la festa liturgica del Battesimo di Gesù. La consacrazione, infatti, avviene proprio davanti all'altare della Madonna del latte, verso la quale i bambini vengono sollevati e simbolicamente "offerti".


Santuario di Monte Perello

SELVINO (BG)

Era il 2 luglio dell'anno 1413 quando a Rogiero, un contadino della Val Serina, apparve una donna ammantata di luce, splendente tanto da oscurare il sole, che stava lì davanti a lui, apparsa dal nulla. E lo guardava, con una dolcezza infinita, con tenerezza di madre. Il giorno dopo davanti a lui, in un'esplosione di luce, era apparsa di nuovo quella donna, bella, dolcissima. "Non avere paura…", gli sussurrava. Rogiero cadde in ginocchio, mentre il cuore gli batteva forte e le mani gli tremavano. Quando tornò al villaggio, la sera, davanti alla gente accorsa, Rogiero gridava che gli era apparsa la Santissima Vergine, lassù sulla montagna del Perello, e che gli aveva parlato. "È impazzito", dicevano alcuni, infastiditi. Il giorno dopo Maria fu di nuovo accanto a lui. Ma questa volta Rogiero non ebbe paura. Anzi, si sentì prendere da una gioia grandissima, incontenibile. E ora aveva un segno, qualcosa da far vedere ai suoi increduli concittadini, perché avessero fede: il tronco rinsecchito di un faggio. E sopra, incredibile a dirsi, stava germogliando un ramo d'ulivo. Un ulivo, lassù, non si era mai visto e per di più spuntato da una pianta morta, secca, senza più linfa né radici… Allora quel giovane aveva ragione! Allora veramente quassù, sul Perello, era successo qualcosa di eccezionale, di meraviglioso! Per il resto dei suoi giorni, Rogiero continuò a chiedersi perché proprio a lui la Vergine aveva voluto rivelarsi. Maria, agli abitanti di queste vallate, aveva chiesto fede, preghiera, carità. E un santuario, che fosse segno della devozione di un popolo, anche per le generazioni a venire.
La prima chiesa fu costruita subito: piccola, raccolta, sorse proprio sul luogo dove la Madonna apparve, in una radura circondata di boschi. Quasi una grotta dalla bassa volta, ombrosa, come per trattenere i pensieri, per concentrarsi nella preghiera. Qui, su un modesto altare, venne conservato a lungo il tronco del miracolo. Ma quella cappella, già pochi decenni più tardi, non poteva bastare alle folle di pellegrini che da valli e contrade arrivavano fin lassù. Uomini e donne, giovani e vecchi, in tanti, tantissimi salivano al Perello per pregare la Vergine, chi con una sofferenza nel cuore, chi in cerca di pace, chi per rendere lode di una grazia invocata e ricevuta. E, con pratica saggezza, invece di ampliare la chiesetta esistente, se ne costruì una seconda sopra la prima. Nessuno restò sorpreso quando, più tardi, si propose di erigere al Perello una terza chiesa: sopra alle altre due, sfruttando la conformazione del terreno. Il santuario così, anche esteticamente, venne ad assumere l'aspetto di una religiosa fortezza, saldo, massiccio, e allo stesso tempo vera oasi di preghiera immersa nel verde, lontano da tutto e da tutti, vicino a Dio. Cinquecento anni sono passati da quando la Vergine, quassù, apparve a Rogiero. E c'è ancora qualcosa di fresco, qualcosa di bello che ad ogni passo qui ci ricorda quel prodigioso incontro tra cielo e terra, tra l'umano e il divino. E ci sentiamo meno soli, trovando la forza, con una insospettata gioia nel cuore, di far germogliare anche nei nostri cuori una nuova speranza.


Santuario Beata Vergine della Creta e delle Grazie

Castellazzo Bormida (AL)

Risale all'epoca della famosa peste di manzoniana memoria del 1630-31 che colpì anche Castellazzo Bormida. Se la peste decimò la popolazione, fece aumentare la devozione dei cittadini che ricorrevano alla Vergine, raccogliendosi in preghiera attorno ad un'immagine riproducente la Madonna di Creta e delle grazie, in una chiesetta che Giovanni Viola, fece costruire nel 1631, fuori del borgo. Il Santuario attuale fu costruito nel medesimo luogo dove era la Cappella campestre. L'immagine della Vergine è in atteggiamento maestoso e pieno di materna indulgenza e regge soavemente il Bambino che sostiene, nella mano sinistra, il mondo. La vecchia chiesa, a causa delle guerre combattute nei dintorni di Alessandria, fu abbandonata, andando in rovina e fu demolita l'11 marzo 1763. La statua della Madonna fu portata nella chiesa di San Carlo. Dopo alcuni anni il Vescovo di Alessandria disposte per la costruzione di una cappella edicola, facendo dipingere un'immagine di Maria identica a quella del quadro custodita nella chiesa di San Carlo. Al 1796 risale un fatto eccezionale: un uomo, peccatore e vizioso, passava davanti all'edicola e sentì una voce che lo invitava a fermarsi per pregare in ginocchio. Obbedì all'invito, si inginocchiò in preghiera e da allora divenne uno dei più ferventi fedeli di Maria. Gli episodi miracolosi sono stati tanti e documentati, non solo da precise testimonianze, ma anche da numerosi ex voto. Nel 1797, con il danaro raccolto, fu posta la prima pietra per la costruzione del nuovo tempio, però, purtroppo, il dilagare della rivoluzione francese portò danni incalcolabili anche al nascente Santuario e, nel 1800, i lavori furono sospesi fino al 1836 quando il Vescovo di Alessandria, Mons. Pasio, rispondendo alle istanze del popolo, che non aveva dimenticato la Madonna, riprese l'iter per la costruzione del nuovo tempio. L'8 novembre del 1842, la nuova chiesa fu consacrata dallo stesso Vescovo. Nel 1848 attorno all'antico pilone fu costruito un tempietto di forma circolare. Il 12 settembre 1880 vi fu la solenne incoronazione della statua e della immagine dipinta sul pilone. Ben presto, però, il Santuario si dimostrò insufficiente ad accogliere i propri fedeli, per cui furono intrapresi lavori di ampliamento che terminarono nel 1905. Nel 1947, esaudendo il desiderio delle Associazioni dei motociclisti, Pio XII proclamava la Madonna della Creta, patrona dei "Centauri". Questi nel giorno del loro raduno, la seconda domenica di luglio, partecipano al rito presso il Santuario e poi danno luogo a sfilate e caroselli ed a competizioni spettacolari. Particolari sono gli ex voto dei motociclisti conservati nel Santuario.


Santuario della Madonna delle Lacrime
Treviglio (Bergamo)

Nel Santuario è custodita l'immagine della Madonna dalla quale, il 28 febbraio 1522, sgorgarono lacrime mentre le truppe francesi si accingevano a distruggere tutto. Il generale che li comandava fermò i soldati e Treviglio fu salva.

Il Santuario si offre al pellegrino come luogo di fede e di riflessione, nel contesto di un territorio intriso da secoli di una religiosità forte e popolare. Il santuario trevigliese sorse per commemorare un avvenimento miracoloso verificatosi il 28 febbraio 1522, in un periodo travagliato da continue lotte tra i Veneziani, i Francesi, gli Spagnoli e lo Stato della Chiesa. L'immagine della Madonna col Bambino, dipinta a fresco sul muro del campanile nel monastero di Sant'Agostino, pianse lacrime silenziose che rigavano il volto della Vergine, mentre le truppe francesi, ormai entrate in Treviglio, si apprestavano al saccheggio e alla distruzione della città. Il miracolo fermò le truppe francesi intenzionate a distruggere la città: infatti il maresciallo francese Lautrec, venuto a conoscenza del fatto straordinario, ordinò di risparmiare Treviglio e depose le proprie armi ai piedi dell'immagine miracolosa. E' da allora che l'immagine è oggetto di una venerazione costante che trova spazio nel grande santuario cinquecentesco, rinnovato agli inizi del nostro secolo. A conferma di un culto e di una devozione continui nel tempo sono le celebrazioni annuali del 28 febbraio, che vedono anche la partecipazione dell'arcivescovo di Milano.

La costruzione dell'attuale santuario risale al 1594, su progetto dell'architetto romano Tolomeo Rinaldi. Nel 1835?38 venne costruito il nuovo campanile e nel 1854 si ebbe il primo progetto di ampliamento a opera del trevigliese Renzanigo. Nel 1897 venne affidato all'architetto Cesare Nava l'incarico di un nuovo progetto di ampliamento e nel febbraio del 1899 il Cardinal Andrea Ferrari pose la prima pietra della nuova chiesa, che consacrerà nel 1902. La facciata ha le caratteristiche della costruzione settecentesca, con il campaniletto dell'800 ed è sovrastata dell'elegante cupola ottagonale del tiburio. L'interno ha una pianta a croce latina. La navata centrale è l'unico spazio appartenente all'edificio orginario e corre verso l'altare, chiusa in alto da una volta a botte. Nelle due pareti laterali si aprono due cappelle affrescate. Gli affreschi della navata centrale e delle cappelle sono di Gianluca e Carlo Molinari (1720) e Bernardino Galliari.
Sull'altare maggiore è posta la Madonna col Bambino del miracolo, qui trasportata nel 1619. Un'arcone ricco di decorazioni introduce alla cupola ottagonale sotto cui si dipartono i due transetti terminanti in due cappelle minori. Gli affreschi dell'interno della cupola, eseguiti dai pittori Gaetano Cresseri e Giovanni Bevilacqua tra il 1920 e il 1940 e danneggiati dall'umidità, sono stati restaurati nel 1996; raffigurano scene della vita di Cristo e di Maria e i maggiori templi mariani d'Europa, affiancati da figure di Santi e angeli. Le volte sono affrescate dai Molinari, pittori trevigliesi, tra il 1717 e il 1721, ma necessitano di un restauro per riguadagnare l'originale bellezza.


CONVENTO DI SABBIONCELLO E CHIESA DI SANTA MARIA NASCENTE

MERATE (Lecco)

Fondato nel 1568, il convento di Sabbioncello, dedicato a S. Maria Nascente, ospita dal 1884, la comunita francescana ritornata dopo le bufere delle soppressioni. Ampliato e abbellito in piu riprese, Sabbioncello per molti anni fu sede dello Studentato Liceale e per un breve periodo, dopo la chiusura della teologia di Busto Arsizio, sede dello Studentato Teologico. La chiesa del 1500, nel corso degli ultimi restauri, ha rivelato preziosi affreschi di cui si era perduta memoria. Anche il convento conserva l'antica struttura sebbene vi siano state apportate modifiche ed ampliamenti di volta in volta resi necessari dalle varie attivita qui portate avanti. Il l° maggio 1967 lungo la salita che porta al convento sono state inaugurate le cappelle della Via Crucis rifatte in cotto da P. Nazareno Panzeri. Il Capitolo del 1982 stabili che "un Convento della Provincia, posto in luogo salubre e facilmente accessibile, (fosse) adibito anche a comunità per lungodegenti, ed adattato opportunamente"; si scelse per questa finalità l'antico studentato di Sabbioncello che venne adattato secondo i criteri medico-sanitari piu moderni cosi da accogliere nel modo migliore i frati infermi.
Posizionati su un colle dove un tempo esisteva un castello. Nel sedicesimo secolo i Frati Amadeiti (confluiti poi nei Frati Minori Francescani), presero possesso della chiesa e delle costruzioni circostanti trasformandole in convento. Sulla salita che porta al convento, sono posizionate le cappelle della via Crucis, erette nel 1715 con dipinti dell'epoca, sostituiti da pannelli in cotto nel 1965.
La Chiesa, dedicata alla Madonna degli Angeli, è una costruzione in stile lombardo, di grande suggestione con i suoi archi a sesto acuto e alle pareti affreschi cinquecenteschi attribuiti a Giovanni Fiamminghino. Dal 1884 sul colle del Sabbioncello funziona l'antico convento francescano. Fu edificato nel '500 sui resti di un castello e ricostruita nelle forme del tardogotico, con tetto a capanna retto da arconi ogivali traversi. 50 ex voto che decorano con grande suggestione l'intera parete destra della navata datano tra gli anni 1508-1531. Nel corso degli anni sono state aggiunte le cappelle laterali, il chiostro e il campanile. All'interno varie opere seicentesche e settecentesche.

 


SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE LACRIME

Lezzeno (Lecco)

Il 6 agosto 1688 una Madonna Addolorata effigiata da un rilievo in gesso custodito presso la cappelletta di Lezzeno avrebbe pianto.
In suo onore, con l'approvazione dei vescovi di Milano e Corno e con l'interessamento del parroco di Bellano, Paolo Antonio Rubini, venne fondato nel 1690 un Santuario su progetto di Giovanni Battista Quadrio, ultimato nel 1704, di cui è ancora ben leggibile l'elegante struttura, con facciata mistilinea, campaniletto e interno dall'elegante e robusto tono classicista.
Della fase sei-settecentesca della chiesa avanzano numerose testimonianze: l'altar maggiore (1746); l'altare di S. Giuseppe a sinistra con la pala coeva; l'altare dei SS. Anna e Gioacchino a destra, con una copia del dipinto di Francesco Albani; i confessionali in noce; i numerosi exvoto; gli oggetti più antichi del tesoro.
Nel 1896 la chiesa veniva elevata a Santuario arcivescovile e in tale occasione Luigi Morgari realizzò coi suoi collaboratori una complessa decorazione ad affresco dell'edificio, comparabile con quella del Santuario di Rho. E' scomparso l'oratorio di S. Giuseppe fondato nel 1676.


Santuario della Madonna della Cornabusa
Valle Imagna (Bergamo)

Una grotta è oscurità e mistero. Come una porta che s'apre su un mondo sconosciuto, invisibile, sotterraneo. Come l'imboccatura di un cammino verso il cuore della terra, verso abissi nascosti al chiarore del sole. Rocce, acqua stillante e vento, vento che s'insinua in mille fessure e che mormora, e che urla. E ci si affaccia incerti, inquieti di tanto silenzio, e del buio che sale, velando ogni cosa. Eppure, qui, sulla soglia del santuario della Cornabusa, sentiamo, sappiamo che c'è di più. Che una grotta è anche rifugio che protegge, asilo che difende. Ed è luogo dove il tempo svanisce nel lento ticchettio di una goccia, dove non c'è più giorno né notte, dove tutto è possibile, anche perdersi nei propri pensieri, e poi ritrovarsi. Come quegli eremiti che volontariamente hanno cercato la clausura di una spelonca per contemplare le cose celesti, senza più poterlo vedere, il cielo. A pensarci, proprio in una grotta ha scelto di nascere un Dio fattosi uomo per amore. E da una grotta divenuta sepolcro il Cristo risorse. Ma grotte e caverne erano sacre già agli antichi, graffite e dipinte dai cacciatori paleolitici, venerate dai greci razionalisti, meta di pellegrinaggio per i popoli del lontano Oriente. Perché una grotta è oscurità e mistero, ma se ci si volta, se si sa dove andare, infine c'è sempre la luce ad attendere. Lo sguardo si perde, nell'ampia, profonda grotta della Cornabusa, in Valle Imagna. Niente colonne ma stalattiti, niente marmi ma pareti di roccia, niente organo ma il suono scrosciante di una sorgente. Tutto è diverso, tutto è nuovo. Le proporzioni a cui siamo abituati, le simmetrie, le volte, le navate o le campate che ci sono note qui sembrano non avere più senso. Si stenta a crederlo, ma davvero questo è un santuario mariano: "il" santuario per i vallimagnini e per molti tra i bergamaschi, che lo amano di un amore generoso, a cui sono legati da una storia specialissima e secolare. "Corna-busa", ovvero montagna bucata, apertura nella roccia. Una definizione dialettale, un nome semplice, immediato, come semplice e diretta è la gente di quassù, come semplice e grandioso è questo luogo dedicato alla Vergine. Ai giorni nostri vi si arriva con una comoda strada, ma in passato non era così. Situata a mezza costa, aperta quasi sull'orlo di uno strapiombo, circondata da una fitta macchia d'arbusti e da irti crepacci, la grotta della Cornabusa era per i pellegrini una piccola, grande conquista: l'avvicinarsi era lento, meditato, quasi una processione, solitaria o comunitaria che fosse. Resta, oggi come allora, lo stupore della scoperta, la meraviglia di fronte a un prodigio della natura che gli uomini hanno voluto rivestire di rinnovata sacralità. Diciamo subito che chi di un simile luogo volesse conoscere origini certe, date, fatti e avvenimenti, rimarrebbe deluso. Il santuario della Madonna della Cornabusa, in verità, non sembra essere fatto per carte e documenti d'archivio. La sua storia la si legge sulla nuda pietra, la sua memoria è nella preghiera incessante di generazioni e generazioni di fedeli. E se in tanti secoli nulla di eclatante vi è forse accaduto, si ripete quotidiano il miracolo di una fede grande, di un dialogo tenero e ininterrotto tra la Madre e i suoi figli. Si capisce allora come non sia facile sapere come, quando e perché questa grotta fu "trasformata" in chiesa. Forse da sempre. Le cronache medievali narrano di come la Valle Imagna, secondo una destino comune a molte parti di Lombardia, fosse funestata da lotte tra fazioni diverse, tra principi e potenti, con un seguito scontato quanto doloroso di saccheggi, ruberie e ammazzamenti. E nella grotta della Cornabusa, come del resto in altre caverne della zona, la popolazione locale cercava scampo e salvezza, rifugiandovisi nei momenti di maggior pericolo e sventura.

Accadde un giorno - ma qui la cronaca lascia spazio alla tradizione - che una pastorella sorda e muta, riparatosi in quest'antro con il suo piccolo gregge, trovò tra le rocce una statuetta raffigurante la Vergine Addolorata, forse lì dimenticata da qualche devoto, o volutamente lasciata a vegliare in quella grotta. Fatto sta che la ragazzina, al colmo della gioia e dell'eccitazione, corse in paese per gridare a tutti della sua inaspettata scoperta… Già, a "gridare": perché miracolosamente la sua lingua si era sciolta, le sue orecchie si erano aperte. E tutto ciò avveniva, dice la voce popolare, nei primi anni del Quattrocento. Da allora quell'antico, prezioso simulacro mariano non ha più abbandonato la grotta della Cornabusa. A lei, alla Madre dolente che culla in grembo il corpo del Figlio morto in croce, si sono levati gli sguardi imploranti di tante generazioni, le mani giunte in preghiera di uomini e donne, con una grazia da chiedere, con un ringraziamento da offrire. Perché la Valle Imagna fu ed è terra amata, ma non generosa, non ricca. I suoi figli hanno dovuto conquistarsi giorno dopo giorno il diritto di viverci, tenacemente, duramente. Molti hanno dovuto emigrare nei decenni passati: lasciare tutto, amici, affetti, montagne, per cercar fortuna, o soltanto per riuscire a sopravvivere, fuori della valle. Ma la Madonna della Cornabusa è sempre restata con loro, nei loro occhi, nel loro cuore. Una casa per chi non ha casa, o per chi ha dovuto abbandonare la sua. Qua e là, nella grotta, un ciuffo verde spunta caparbio tra le rocce. Piccole, tenere foglie che fanno fatica a crescere e svilupparsi, anelando alla luce, chiedendo vita. E sembrano il riflesso della nostra fragile fede, talvolta in balia di eventi più grandi delle nostre forze, spesso insicura, ma sempre desiderosa di nuova linfa. Forse li avrà notati anche papa Roncalli, questi germogli che sembrano far corona tra le pietre all'immagine della Vergine. Perché Giovanni XXIII era pellegrino assiduo alla Madonna della Cornabusa. Vi si ritirava per giorni, in solitudine, in preghiera. "È il santuario più bello che esiste", diceva con un sorriso sulle labbra. "Perché non l'ha fatto la mano dell'uomo, ma Dio stesso"


Santuario di Madonna in Campagna
Gallarate (Varese)

La parrocchia Santuario di Madonna in Campagna è situata in un quartiere di periferia della città di Gallarate. Il territorio di riferimento, un tempo sede di cascine agricole collocate in mezzo a campi coltivati e interminabili prati, ha subito ultimamente notevoli cambiamenti, legati allo sviluppo della città, per anni una delle più ricche della provincia.
LE ORIGINI. Il 21 novembre dell'anno 1601 Festa della Presentazione al tempio di Maria tra i fedeli raccolti in preghiera dinnanzi alla immagine della Madonna del latte venerata in una cappella campestre fuori il borgo di Gallarate, lungo la strada per Milano, avvengono miracolose guarigioni, Il popolo accorre devotamente e decide di costruire sul luogo un tempio mariano. La sera del 19 dicembre dell'anno successivo viene posta con solennità la prima pietra del Santuario.
LA RAMA Dl POMM. Nell'anno 1630, una grave epidemia di peste, dopo aver infierito a Milano, miete numerose vittime a Gallarate e nei dintorni, I borghigiani fanno voto, se liberati dal flagello, di celebrare con un solenne pellegrinaggio la ricorrenza del 21 novembre; ad essi si uniscono nel voto gli abitanti di Verghera e di Buscate. L'anno successivo, in novembre, il morbo scompare. Nasce la festa votiva della Presentazione, la Rama di Pomm, celebrata ancora oggi con gran concorso di popolo e con l'offerta della cera al Santuario da parte delle autorità civiche. Tradizione antica, donde la festa ha tratto il suo appellativo popolare, è quella di vendere sul sagrato del Santuario le mele, "i pomm", infilzate nei rami spinosi dell'albero di Giuda.
L'ALTARE MAGGIORE. Il 16 maggio del 1666 viene eretta in Santuario la confraternita dei Trinitari. Nell'aprile, il ticinese Giovan Battista Rigoli inizia l'altare maggiore che verrà concluso nel 1686 dal gallaratese Giuseppe Rosnati, protostatuario del duomo di Milano. Monumentale è l'impianto del complesso, ricco di preziosi marmi e di intarsi policromi. Le statue del Rosnati sono di squisita fattura, felice compendio di classica bellezza e levità pienamente barocca. Al centro dell'ancona, entro una splendida cornice, è l'antica immagine della Madonna del latte trasportata dal primitivo gesiolo. Ignoto ne è l'autore, un tardo seguace del Foppa operante a cavallo tra il XV ed il XVI secolo.
IL CAMPANILE. Costruito in laterizio è alto 33 metri. Venne iniziato nell'anno 1756 e terminato l'anno successivo. L'attuale concerto campanario, che sostituisce uno più antico, è stato installato nel 1946.
IL CROCIFISSO. L'anno 1801 viene eretta in Santuario una nuova confraternita detta della Divozione. Il confratello Francesco Ambrosoli dona al tempio l'artistico grande Crocifisso in legno policromo (sec. XVI) proveniente dal soppresso monastero delle Clarisse di Milano. L'interno del Santuario assume l'attuale veste neoclassica. Sei anni dopo, su progetto di Gaetano Borgomaneri, viene innalzata l'attuale facciata.

 

 


IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEI GHIRLI
Campione d'Italia (Como)

Posto in un angolo incantevole del Lago Ceresio, scenograficamente affacciato sullo specchio d'acqua, il tempio mariano ha origine remotissime, ed è poi stato rivestito di affreschi gotici e barocchi, ma anche di luminosi stucchi. E padrone di casa sono le rondini: i "ghirli", per l'appunto...
Sulle pareti del santuario ci sono anche loro, i Magistri campionesi: ritratti come i "santi quattro coronati", eccoli nel loro laboratorio mentre scolpiscono, misurano, creano... E accanto a loro, una raffigurazione davvero particolare: il Cristo in croce di Lucca, ovvero il Santo Volto, come memoria di una delle loro imprese più alte. E fu sempre la confraternita degli scultori locali, che aveva eletto a propria patrona la Vergine dei Ghirli, a volere il policromo altare lapideo, sorta di summa dell'arte ticinese, esuberante nella ricchezza cromatica, popolaresco nei tratti.
Ben diverso, insomma, dalla sontuosa, leggiadra pittura di Isidoro Bianchi campionese anch'egli, che dopo aver mietuto allori alla corte dei Savoia, volle tornare attorno al 1640 nella terra natia per onorare con il suo lavoro il santuario dei Ghirli. Vi dipinse scene tutte mariane, ovviamente, attingendo ai devoti dettami di Carlo e Federico Borromeo.
Gli stucchi, poi, come in molte altre chiese del ticinese, non sono semplice ornamento, né cornice lussuosa, ma hanno dignità a sé, tanto sono elaborati e ricercati. Putti e cherubini, cariatidi e telamoni, immagini snelle e aggraziate che corrono lungo gli archi e gli stipiti, incrociandosi con corone di fiori, con fronde vegetali esaltate in un biancore quasi accecante. Un trionfo di luce, che dilata lo spazio, che nobilita la povertà della materia. (Luca Frigerio)
Con un territorio di meno di tre chilometri quadrati allungato sulla sponda orientale del lago di Lugano, Campione d'Italia è raggiungibile dalla valle Intelvi ed è collegato a Como sia dall'autostrada n.2 che dalla cantonale Chiasso-Lugano, prosecuzione della statale dei Giovi.
Il Santuario è aperto tutti i giorni da aprile a novembre, mentre il Museo parrocchiale si può visitare su appuntamento (tel. 0041.91.6498448). Info turistiche allo 0041.91.6495051.


SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA NEVE
VILLA GUARDIA (Como)

Una piazza, detta "dei Miracoli", sulla quale si affacciano tre edifici sacri dedicati a Maria: l"oratorio della Madonna dei Miracoli, oggi dedicato a San Carlo, del secolo XV; il sacello della Madonna dei Miracoli del 1618, divenuto Sacrario dei caduti ed il Santuario della Madonna della Neve.
Questo fu eretto tra il 1580 ed il 1600, con un"architettura di transizione tra il Rinascimento ed il Seicento, assai raro in Liguria.
Nell"interno a tre navate, sulla volta centrale, campeggia l"immagine di Maria Assunta.
Sui tre altari domina una statua: sull"altare centrale la statua della Madonna dei Miracoli che regge il Bambin Gesù, benedetta nel 1640.
Sugli altari laterali a destra vi è San Matteo mentre a sinistra si trova una pregevole statua lignea della Madonna della Neve, opera di Gio Batta Drago del 1867.
Vi sono, inoltre altre tele dei secoli XVI e XVII.
Il 5 agosto, per la festa, ritornano anche dall"estero molti abitanti di Villa Guardia che approfittano del periodo festivo, per partecipare alle celebrazioni ed alla rinomata sagra campestre.


SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEL SOCCORSO - OSSUCCIO (COMO)

Nel secolo XII quando la guerra tra Como e Milano seminava danni e lutti sulle rive del Lario, alcuni fuggiaschi dell'Isola Comacina, portarono in salvo una Immagine della Madonna e la nascosero in una grotta sul vicino monte.
La statua fu ritrovata da una fanciulla sordomuta che riacquistò l"udito e la parola.
Fu quindi costruito un oratorio nel quale si collocò la statua che successivamente nel 1537 fu completato e la statua della Madonna fu collocata in una cappella votiva annessa al Santuario, ricca ed addobbata da numerosi ex voto.
Il Santuario si trova a 400 m. s/m sopra Ossuccio in una incantevole posizione tra alberi e prati verdi con un panorama che abbraccia tutto il centro del lago di Como.
Gli affreschi sono di autori ignoti, ma vi sono dei dipinti pregevoli come il quadro della Madonna con il Bambino e Sant'Eufemia, patrona della parrocchia di Isola del 1501; un quadro raffigurante San Giuseppe del pittore F. Grandi delle fine dell'800, donata al Santuario del 1963.
L'organo è del 1700 e nella sacrestia vi è un monumentale armadio in noce del 1711.
A circa un chilometro dal Santuario inizia il viale delle cappelle, lungo il quale si allineano i 14 tempietti baroccheggianti, che racchiudono le scene rappresentanti i fatti della vita di Gesù e della Madonna ricordati nei misteri del rosario, il Santuario rappresenta il 15° dei misteri del Rosario.
I fatti sono raffigurati con statue in stucco e terracotta di grandezza naturale e con affreschi.
Le cappelle realizzate tra il 1635 ed il 1710 sono veri capolavori d'arte degli stuccatori della scuola intelvese e rappresentano una singolare documentazione etnologica e folcloristica di quei secoli, con autore principale lo stuccatore Angelo Silva di Morbio.
Il Santuario e le sue dipendenza possono dare ospitalità a gruppi che intendono passarvi giornate di studio e di ritiro, mentre per la notte è possibile ospitare solo gruppi di poche esigenze come gli scouts.
La festa al Santuario si celebra il 27 giugno con la presenza di numerosi pellegrini che, comunque frequentano il Santuario tutto l'anno ed in particolare nei medi da maggio ad ottobre.


SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLA SALVE - ALESSANDRIA (Duomo)

E' la Patrona di Alessandria e si venera nella Cattedrale di Alessandria. La beata Vergine della Salve è una statua miracolosa in legno duro scolpito, quasi certamente di origine orientale. Benché il legno sia antico non è stato intaccato dal tarlo. Prima che nascesse Alessandria nel 1168, nella chiesa di Rovereto, un borgo situato presso il Tanaro, già esisteva il miracoloso simulacro. Recenti studi hanno consentito di datare la statua all"inizio del secolo IX. Tra il 1170 ed il 1178 fu costruita la prima cattedrale dove fu portata la miracolosa statua, mentre nella chiesa di Rovereto ne rimase una copia più piccola scolpita in pietra. Da prima la Madonna fu chiamata semplicemente Santa Maria, poi Madonna dello Spasimo, ma, nel 1489, poiché era in uso di intonare dinanzi alla statua la Salve Regina, assunse il tito-lo della "salve" che poi i fedeli Alessandrini interpretarono con le iniziali di: "Salve Alessandria La Vergine Esaudisce". il 24 aprile 1489, giorno sacro a San Giorgio, il simulacro di Maria esposto alla venerazione, fu visto sudare copiosamente. A questo seguirono molti altri prodigi in occasione di guerre, siccità ed inondazioni. Furono stabiliti dei legati come quello del 1600 che faceva obbligo alla famiglia del Marchese Cuttica di Cassine, di fare omaggio ogni anno, di un sacco di grano, tradizione che ancor oggi di rinnova. Ed ancora nel 1700 fu costituito un altro legato che imponeva alla famiglia del Marchese Tomaso Ghilini, divenuto dopo molti anni padre, di ringraziare Maria per la paternità, facendo omaggio di un grosso cero al quale, nel tempo, se ne aggiunsero altri cinque da parte del comune ed ancora quattro da parte di altre organizzazioni. Ancora oggi si offrono dieci ceri da parte di privati fedeli. In tempi molto recenti si sono susseguiti avvenimenti miracolosi: il 24 aprile 1945 la Vergine cominciò a sudare preannunciando un triste evento; infatti dopo due giorni i tedeschi invasero la zona e solo dopo estenuanti trattative si decise di discutere per l"eventuale resa, nella Cattedrale, all"ombra di Maria, e, dopo tre giorni fu definita la resa: la guerra per gli Alessandrini era finita. Nel 1803 per ordine di Napoleone la Cattedrale fu distrutta e la statua fu collocata prima nella Confraternita della SS. Annunziata, poi nella chiesa di S. Alessandro ed infine nella chiesa di S. Marco che il 2 dicembre 1810, fu aperta al culto come nuova Cattedrale con il nome di San Pietro. Molti sono gli affreschi e, tra i più belli, quelli della Cupola che descrivono episodi della vita della Madonna. Nel 1943 si celebrò con grandissima solennità l"incoronazione che era stata deliberata l"8 aprile 1942 dal Capitolo Vaticano.


SANTUARIO DELLA MADONNA DEL BODEN - ORNAVASSO (VB)

La leggenda racconta che il 7 settembre 1528 la pastorella Maria Della Torre si addormentò nella località della Selva del Boden. A notte fonda si svegliò impaurita ed, accortasi di avere perso il gregge, si mise ad invocare l"aiuto della Madonna. Ma la paura la fece cadere in un dirupo, ed in quell"istante una luce illuminò una cappella della Madonna che si trovava lì vicino. Questo fu il segno del miracolo grazie al quale la pastorella rimase illesa, ritrovò il gregge e potè ritornare a casa. In ringraziamento per questo evento, il paese fece costruire sul luogo dell"accaduto il santuario dedicato alla natività di Maria Santissima.



SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SASSO - BOLETO (VB)

Nei dintorni di Borgomanero altri due luoghi importanti di fede e devozione sorgono sulle sponde del lago d'Orta. A sinistra, su uno sperone di roccia granitica, c'è il santuario della Madonna del Sasso. Il rettore don Antonio Spezia racconta come mai, pur essendo dedicato all'Addolorata, il santuario si chiama così. "Il 16 agosto 1752, un gruppo di 350 "picasass" (scalpellini) della cava di granito sottostante furono salvati dalla Madonna. Le mine collocate per lavori avevano fatto cadere un enorme sasso e una pioggia di detriti, ma tutti restarono illesi. Sul grande sasso trovarono una piccola statua della Madonna. Dopo che per tre volte, deposta in una cappellina lì vicino, la statua tornò sul sasso, fu deciso di portarla in processione al santuario". Da allora ogni anno la statua viene esposta alla venerazione dal 5 al 25 agosto e la Madonna è invocata come patrona degli scalpellini e degli operai.


SANTUARIO DI S. MARIA DEL SASSO - CARAVATE

Le prime testimonianze dell"esistenza della chiesa di Santa Maria si trovano in alcuni documenti del 1107, del 1120 e del 1159.
Altri documenti sono quelli del 1419 del 1569 e del 1592 che ricorda la visita pastorale del vescovo di Como mons. Feliciano Ninguarda che descrive la chiesa di Santa Maria del Sasso: "Nella frazione Fornazze vi è una chiesa su un alto colle, abbastanza elegante, dedicata a S. Maria del Sasso, ha un piccolo campanile con una sola campana ed un unico altare".
Nelle vicinanze esisteva un piccolo monastero dell"Ordine dei Frati Eremitani di S. Agostino.
Poi nel tempo le notizie sulla chiesa di Santa Maria del Sasso diventano poche e scarne mentre il vecchio convento ormai abbandonato era diventato di proprietà privata.
Nel 1904 i padri predicatori della Congregazione dei Padri Passionisti, si trovavano nella zona da alcuni anni per assolvere al loro ministero e cercavano dei luoghi dove potersi stabilire e, mentre i padri Giovanni Battista della Vergine Addolorata e Anselmo della Visitazione, si trovavano a Gemonio per la predicazione delle quarantore, tramite il parroco don Cesare Moja, visitarono il vecchio convento trovandolo adatto alle loro esigenze e non esosa la richiesta dei proprietari per la cessione.
Il convento fu quindi acquistato ed il parroco di Caravate don Valerio De Lorenzi, concesse ai Passionisti l"uso perpetuo della chiesa di Santa Maria del Sasso.
Come si vede il Santuario della Madonna del Sasso è legato strettamente alle attività che si svolgevano e si svolgono nel convento.


SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE - COMO (CATTEDRALE)

Si tratta della bellissima Cattedrale di Como, tre volte Santuario Mariano, costruita nel 1396 sul luogo dove esisteva una basilica del secolo XI.
Nel 1770 fu completata con al cupola opera dello Juvara e dedicata all"Assunta.
Si venera un affresco di Andrea De Passeris del 1502 della Madonna delle Grazie ed una statua della Madonna col Bambino che sin dal 1686 si trova sull"altare del Santissimo.
Nel maggio del 1931 a conclusione del 1° congresso Mariano tenutosi a ricordo del Concilio di Efeso (431) è stata incoronata dal Card. Ildefonso Schuster.
La festa si celebra il 15 agosto ricorrenza dell"Assunta.


SANTUARIO DELLA MADONNA E SACRO MONTE - CREA (AL)

Su questo bellissimo monte, probabilmente verso il 350 dopo Cristo, S. Eusebio ha edificato un Oratorio in onore della Madonna, per santificare questo luogo. In precedenza forse era consacrato a divinità pagane. Circa dieci anni dopo S. Eusebio avrebbe portato dall'Oriente tre statue della Madonna. Una sarebbe stata portata a Crea e le altre due a Oropa ed in Sardegna.
La chiesa, eretta sul luogo dell'oratorio attribuito a S. Eusebio, esisteva già all'epoca delle Crociate, com'è testimoniato da reperti di Arte Romanica venuti alla luce recentemente e posizionati nei primi pilastri della navata.
Fu ampliata da Guglielmo VIII Paleologo alla fine del Quattrocento, poi ancora nel 1600 quando fu costruita la facciata, su cui ora campeggia il bel mosaico di Dalle Ceste, che rappresenta l'Assunzione di Maria. L'interno a tre navate con volte a crociera rialzata, con costoloni rotondi, sostenute da pilastri, è di stile gotico. Sulla parete di fondo della navata centrale è collocata la grande composizione pittorica di pittore ignoto della seconda metà del Settecento che rappresenta l'Assunzione della Madonna

Queste notizie sono in parte ricavate dai manoscritti dell'archivio capitolare di Vercelli.
La Statua, che è venerata a Crea, sottoposta ad esplorazione scientifica durante i restauri eseguiti nel 1981 dal Prof. Gian Luigi Nicola, ha perso con il velo bruno, la poetica e popolare immagine della "Madonna bruna", fedele interpretazione figurativa del versetto del Cantico dei Cantici che recita: "Bruna sono io e pur leggiadra" (1,5).
La Cappella della Madonna la quale presumibilmente sorge su una delle più antiche costruzioni del Santuario di Crea, è il cuore del Sacro Monte. "E' qui ai piedi della Madonna che si riassumono le gioie, la speranza, le angosce e le sofferrenze di tutti" (Mons. Carlo Cavalla).
intorno all'anno mille si stabiliscono a Crea i canonici regolari di Vezzolano (Asti). A loro succedono, nel 1483, dopo una breve parentesi dei Serviti, i Monaci Lateranensi.
E' alla presenza di questi uomini di grande cultura e sensibilità artistica, oltreché di solida formazione religiosa, che dobbiamo lo sviluppo di Crea favorito anche dai Signori del Monferrato, i Paleologi prima ed i Gonzaga dopo. Grazie al loro sostegno vengono compiuti ampliamenti e abbellimenti. nei secoli successivi abbiamo notizie di interessamenti dei Papi e di visite illustri quali: S. Bernardo, S. Bernardino da Siena, la Beata Margherita di Savoia, S. Pio V, S. Giovanni Bosco...
Scomparsa la dinastia dei Paleologi, il Monferrato passa nel 1536 ai Gonzaga e alla fine del secolo il giovane San Luigi venne qui in pellegrinaggio. Dopo aver subito saccheggi durante le scorrerie militari, il santuario nel 1801 fu devastato nel 1809 chiesa e convento furono venduti all'incanto. Nel 1820 il santuario è affidato ai Frati Minori osservanti che lo custodirono amorosamente per 170 anni riportandolo, gradatamente, al suo primitivo splendore ed a svolgere quella funzione di "città dello Spirito" che fu nei propositi di S. Eusebio e dei Priori che ne ressero le sorti nel corso dei secoli.
Nel 1948 avviene qui l'incontro tra Alcide De Gasperi e il ministro degli esteri francese Bidault. Negli ultimi cinquant'anni Crea è al centro di una lunga serie di avvenimenti importanti e di lavori legati all'affluenza crescente dei pellegrini. Dal 1992 il santuario è affidato ai sacerdoti della diocesi di Casale Monferrato.

Il Sacro Monte si eleva con i suoi 443 metri presso il limite nord del Monferrato, fasciato da un prezioso manto verde, in uno splendido scenario naturale.
Circondato da dolci ondulazioni coperte di vigneti e di boschi, offre visioni panoramiche sconfinate: la pianura padana coronata dalle Alpi e le colline del Monferrato fino all'Appennino Ligure.
Nel 1980 con legge regionale è stato istituito il "Parco Naturale e area attrezzata del Sacro Monte di Crea" comprendente 47 ettari di terreno, prevalentemente boschivo, dei comuni di Serralunga di Crea e Ponzano. La legge ha riconosciuto il valore culturale del santuario e mira a conservare integro e valorizzare l'ambiente paesaggistico, la chiesa, il convento, le cappelle e tutte le attrezzature recettive e di servizio. Un suggestivo viale pianeggiante circonda il Sacro Monte e altri viali costituiscono la Via Sacra che collega tra di loro tutte le cappelle.


SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA NEVE - DOMODOSSOLA

Il santuario della Madonna della Neve è nelle forme attuali una costruzione della prima metà del XVII sec., commissionata al maestro Bernardino Lazzaro di Val d'Intelvi, ed innalzata sui ripari che difendevano il Bogna una precedente più piccola chiesetta. L'iniquo fiume che scorreva tra il colle Mattarella ed il borgo, lungo gli anni aveva accumulato attorno all'edificio sacro dei detriti che bisognava scendere ben dodici gradini per entrarvi. L'immagine della Madonna e del Bambino è affrescata sopra l'altare su di un muro fatto di ciottoli di fiume; i restauri hanno permesso di leggerne la data: 1372. L'ancona di legno dorato e dipinto, che racchiude l'affresco, è opera di Francesco Tatti (1516) ed è a sua volta contornata da quella più ampia di Bartolomeo tiberino di Arona, del 1632. Le due grandi tele del presbitero, a destra, sono lo sposalizio della Vergine del pittore fiorentino Luigi Reali (1639) mentre a sinistra, il quadro di San Biagio è stato eseguito da un pittore Ferabosco, con l'offerente Cipriano Capis. Sopra la porta d'ingresso, nell'atrio, Carlo Mellerio, pittore vigezzino, ha affrescato il miracolo della caduta neve sul colle Esquilino a Roma. Il campanile fu innalzato nel XVI sec: la prima campana che funzione tutt'ora, fu innalzata nel 1596 con le altre due poste successivamente. Il Santuario è ufficiato dai Padri Rosminiani. Sul piazzale della Madonna della Neve, nel 1925, presente il Re Vittorio Emanuele III, è stato inaugurato il monumento ai caduti, opera di Angelo Balzardi (1892 - 1974), scultore ossolano; le tre statue in bronzo raffigurano il Dolore, il Sacrificio e la Vittoria.


SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE LACRIME - DONGO (COMO)

 

Lungo la via Regina sulla sponda del lago di Como esisteva un"antica cappella sulla cui parete vi era un affresco della Madonna col Bambino.
Nel pomeriggio del 6 settembre 1553 l"immagine fu vista spargere lacrime da certa Maria dè Matti che impressionata cominciò ad urlare attirando l"attenzione di molta gente che potè constatare la verità del fatto prodigioso.
Per ricordare il prodigio fu costruito il Santuario con pronao antistante decorato all"interno da affreschi del "600 e gruppi statuari lignei della medesima epoca.
Preceduto da un portico completato nel 1615 insieme al convento per accogliere i frati Minori e che oggi è adibito a biblioteca.
L"interno presenta la tipica struttura barocca ad aula unico con cappelle laterali affrescate, due delle quali, la prima a destra ed a sinistra, sono adorne di paliotti in scagliola, e le due successive di grandi gruppi scultorei seicenteschi raffiguranti l"Ultima Cena e la Crocifissione.
All"altare maggiore vi è un affresco della Madonna con Bambino attribuito a Giorgio da Saronno del secolo.
Nel 1904 la sacra Immagine fu incoronata.
Alla fine della guerra il Vescovo di Como Mons. Alessandro Macchi, si rivolse alla Madonna delle Lacrime per scongiurare lo sterminio che si andava delineando.
Dopo lo scansato pericolo fu decisa la nuova incoronazione della Madonna ed il diadema fu posto sul capo della Madonna dal Card. Schuster il 21 ottobre 1945.


SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DELLE ROCCHE - MOLARE (Alessandria)

Nei dintorni del paese ad appena 3 km., si trova il Santuario eretto nel XVIII secolo, situato sull"alto di una scenografica scalinata ed è meta di frequenti pellegrinaggi. L"origine è legata ad un miracolo verificatosi nel secolo XVI. Una donna Clarice portava in un paniere il povero pranzo per il marito che lavorava in montagna. Giunta in località Rocche, incontrò una Signora con il Bambino in braccio, che le chiese del pane per il Bimbo. Clarice le disse di non aver pane, ma solo poca verdura cotta. La Signora le disse di aprire il paniere ed essa apertolo vi trovò del pane che prima non c"era per cui esclamò: "O Vergine Santissima" e le offrì il pane. La Signora precisò che effettivamente era la Vergine invocata e la invitava a riferire ai molaresi che desiderava si costruisse una chiesa in quel luogo. Il racconto non fu accolto con molta convinzione fino a quando non si verificò un altro episodio. Uno storpio G. Battista Gazzulli, da anni costretto ad usare le grucce, chiese di essere portato nel luogo "Le Rocche" dove era apparsa, a Clarice, la Vergine Santissima. Accompagnato in quel luogo invocò con fede la Vergine chiedendole di essere liberato dal male ed, immediatamente, sentì di poter muovere le gambe e lasciate le stampelle poté camminare da solo, guarito dal suo male. Questo ulteriore episodio, convinse la popolazione che volle subito costruire, in quel luogo benedetto, una cappella con l"immagine di Maria che, per detta dei pellegrini, "ruba il cuore". Il quadro di Maria e del Bambino furono incoronati solamente il 10 agosto 1823, anche se i decreti costitutivi del Santuario risalgono al 6 agosto del 1635 per opera di Mons. Felice Crova, Vescovo di Acqui. Il gruppo dell"altare maggiore ed il dipinto della facciata riportano la scena dell"apparizione ed i personaggi dell"apparizione.


SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SANGUE - RE

Nel 1494 Re è uno dei piccoli villaggi sparsi nella Valle Vigezzo: sulla facciata della chiesa, protetta da un portichetto, è affrescata una Madonna col Bambino.
In un momento di stizza, un paesano la colpisce con un Sasso: da quel momento, e per venti giorni, la Vergine perderà sangue dalla fronte.
Sangue che viene raccolto in un pezzo di tela e al quale si attribuiscono subito diverse guarigioni.
Una chiesa più grande verrà costruita nel Seicento, ma l'afflusso di pellegrini dall'Italia e dalla vicina Svizzera richiede la presenza di un Santuario più imponente.
Iniziato nel 1922, è stato poi insignito da Pio XII del titolo di Basilica minore. Oggi la festa del miracolo si tiene dal 29 aprile al 1° maggio con un pellegrinaggio a piedi da Domodossola.
Grazie all'emigrazione vigezzina, la devozione alla Madonna del Sangue si è allargata alla Svizzera. al Tirolo e all'Ungheria che le ha dedicato due altri Santuari.


IL SANTURIO DELLA BEATA VERGINE DEI MIRACOLI DI SARONNO

La storia del Santuario della Beata Vergine dei Miracoli incomincia oltre cinquecento anni fa, attorno al 1460.
Un giovane saronnese, di nome Pedretto, malato e costretto a letto da alcuni anni, venne miracolosamente guarito dalla Madonna della Strada Varesina, che lo invitò
a costruire una chiesa in suo onore.
Dopo la costruzione e la rovina di tre piccoli oratori,
l'8 maggio 1498 fu posta la prima pietra ed ebbe inizio
la costruzione del Santuario. Il progetto della parte rinascimentale della chiesa, compreso il tiburio, è di Giovanni Antonio Amadeo, importante architetto del duomo di Milano, che ne diresse anche i lavori (1505). Il campanile sorse tra il 1511 e il 1516 su disegno e per opera di Paolo della Porta. Il grande afflusso di fedeli e di pellegrini dimostrò che la chiesa era troppo piccola per accoglierli tutti; così nel 1556 iniziarono i lavori per l'ampliamento, secondo il progetto di Vincenzo Seregni, con una navata centrale e due laterali su cinque campate. Lo stesso Seregni diresse i lavori sino alla terza campata.
I lavori si fermarono perché doveva essere abbattuta la piccola cappellina dove si trovava la statua della Madonna miracolosa. La prosecuzione della costruzione riprese a seguito della visita pastorale del 1570 compiuta da S. Carlo Borromeo, che volle che il Santuario venisse completato. Al Santo il Santuario fu molto caro per la sua devozione alla Beata Vergine e nel 1581 traslò il simulacro dalla prima cappellina all'interno della chiesa. La direzione dei lavori di completamento venne assunta da Pellegrino Tibaldi, detto il Pellegrini, che nel 1578 disegnò la maestosa facciata. La sua costruzione, iniziata nel 1596 e conclusasi nel 1613, fu diretta da Lelio Buzzi e dall'architetto saronnese Jacopo Borroni.
La parte superiore della stessa fu opera di Carlo Buzzi nel 1630. Il piccolo campanile delle ore, che svetta sopra il fabbricato del piazzale, è del 1594.
La decorazione interna, dopo primi lavori, ebbe inizio con Bernardino Luini, nel 1525, con i due grandi affreschi dell'Adorazione dei Magi e della Presentazione al tempio e degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa nel presbiterio, con lo Sposalizio della Vergine e con la Disputa con i dottori nell'antipresbiterio. Ritornò nel 1531 per dipingere i quattro santi, Sebastiano, Cristoforo, Antonio abate, Rocco, sulla parte bassa del vano sotto la cupola. L'opera del Luini è tra l'espressioni più alte della pittura del Cinquecento lombardo. Nella grande tazza della cupola (130 mq) è affrescato il Paradiso in festa, opera di Gaudenzio Ferrari (1535), che accoglie la Beata Vergine Assunta. Nel grande dipinto sono raffigurati 80 angeli che cantano e che suonano, con 50 strumenti dell'epoca, e, più in alto, 30 angioletti che danzano in cerchio con al centro la statua del Padre Eterno che, con le braccia aperte, accoglie la Vergine. E' una grande raffigurazione scenica dipinta con una maestria non comune, che ha ispirato tanti artisti e che desta tanta meraviglia. Altri pittori lavorarono in santuario: Cesare Magni che dipinse due santi, Martino e Giorgio, nel 1534; Bernardino Lanino, allievo del Ferrari, con le vele della cupola (1545), Camillo e Giulio Cesare Procaccini con i quadri (1596), il saronnese Stefano Maria Legnani, il Legnanino, con gli affreschi sulle pareti degli altari laterali (1706). I fregi e le decorazioni, di Alberto Meleguli da Lodi, sono di gusto squisitamente rinascimentale, con grande ricchezza di colori e di oro zecchino. Le statue lignee delle nicchie e dei due gruppi della Deposizione e dell'Ultima Cena sono opera dello scultore Andrea da Milano (529 - 1531). Lavorarono pure altri scultori, Giulio Oggioni (1535), Tomaso Bossi (1573), Gerolamo Prestinari (1598) e, in, epoca più recente, Pompeo Marchesi per il gruppo della Pietà (1820). Nel chiostro grande è dipinta la Natività di Nostro Signore, opera di grande delicatezza di Bernardino Luini (1525) e vi è l'ingresso alla Quadreria - Museo. Il santuario ha avuto, nei secoli, grandi favori dai Sommi Pontefici, che con 114 documenti (bolle, lettere apostoliche e brevi), concessero diritti particolari e indulgenze, anche esclusive. Questi documenti unitamente ad altri 30.000 sono conservati nell'archivio storico del Santuario. Il Santuario è stato dichiarato Patrimonio Europeo.


SANTUARIO DELLA MADONNA DI TIRANO (Sondrio)

La storia di Tirano è indissolubilmente legata al Santuario della Madonna sin dalla sua origine.
Si è nel periodo a cavallo tra il secolo XV e XVI e nella zona dove poi sorgerà il Santuario vi erano lotte cruente tra gli Sforza signori di Milano ed i signori dei Griggioni che in più riprese cercarono di dominare quella zona che apriva la strada alla Lombardia attraverso la Valtellina.
Sempre nel medesimo periodo le varie incursioni dei mercenari avevano portato e diffuso il germe della peste che mieteva vittime e seminava distruzioni.
La domenica 29 settembre 1504 verso l"alba, Mario Homodei, mentre si avviava verso Folliva con il cesto al braccio per cogliere frutta, allontanatosi di circa cento metri da casa sentì una forza irresistibile e misteriosa che lo spinse ad entrare in un orticello presso il ponte della Folla.
Qui, in un alone luminoso vide una giovane signora adorna di un manto bianco che lo chiamò due volte ed alla quale rispose: Bene?
E bene avrai gli rispose la giovane che però continuò:
"Io sono la Gloriosa Vergine Maria: non aver timore.
Quest"anno si è manifestata una grande mortalità di uomini e di bestiame; e peggiorerà, salvo che in questo luogo s"innalzi una chiesa in mio onore.
Tutti coloro che verranno a prostrarsi in questo luogo benedetto e santo e, secondo le loro forze e possibilità, concorreranno con elemosine ed altro alla costruzione del Tempio, avranno da me protezione ed aiuti e non permetterò che vengano intaccati dalla peste e molto meno che siano vittime di così grande mortalità.
Va a Tirano e fin dove puoi arrivare e a tutti fa conoscere la mia apparizione in questo luogo ed il mio volere".
E disparve.
La notizia presto fece il giro del contado ed il 25 marzo 1505 fu posta la prima pietra del Santuario.
Già nel 1513 era officiato anche se solo il 14 maggio 1528 il vescovo di Como mons. Cesare Triulzio lo consacrava solennemente.
Il Santuario ben presto divenne monumento di fede e di arte.
La facciata, unica in Valtellina, fu costruita nel 1676.
Il portale maggiore di Alessandro Della Scala di Carona, in Svizzera, del 1529, è un"opera d"arte di prim"ordine, tutta in marmo bianco del luogo.
L"altare maggiore è in marmo nero di Varenna intarsiato con altri marmi policromi, opera di G.B. Galli di Clivio del 1748.
Alle spalle dell"altare vi è il coro, lavoro di intaglio del trentino Lorenzo Visentini e di Michele Gramatica del 1749.
Nel presbiterio e nell"abside vi sono cinque tele che rappresentano l"Incoronazione di Maria, La Natività della Vergine, l"Annunciazione, la Presentazione al Tempio e l"Assunzione, dipinte da G.B. Recchi di Borgo Vico tra il 1634 ed il 1637.
L"altare dell"Apparizione è il cuore del Santuario.
Originariamente l"altare era ricoperto di lamine d"argento che furono tolte dal governo Cisalpino nel 1798.
Si salvarono solo le statue in legno della Madonna con il Bambino con le due corone d"oro ed il gruppo raffigurante l"Apparizione sistemato nello scurolo dietro l"altare.
L"attuale altare è opera di Gabriele Longhi di Viggiù del 1801-1802, ricco di preziosi marmi scolpiti in stile impero con artistici bassorilievi di scuola Canoviana, tra cui, nel paliotto, l"Annunciazione; sul gradino della mensa la rappresentazione di due miracoli e, sotto la nicchia, l"Apparizione della Vergine al Beato Mario.
La statua della Madonna è opera bellissima di Giovanni Angelo del Maino, che seppe dare al viso della Vergine un"espressione veramente paradisiaca.
Fu incoronata per concessione del Capitolo Vaticano il 29 settembre 1690, per intercessione del Pontefice Alessandro VIII, con corone d"oro generoso dono del Conte Alessandro Sforza di Piacenza.
Sotto l"altare protetto da una cancellata in ferro battuto è visibile il luogo dove la Vergine posò i propri piedi.
Dietro l"altare un gruppo di piccole statue in legno, opera di G. Angelo del Maino, rappresentano l"Apparizione ed una tavoletta, con la scritta "ubi steterunt pedes Marae", incorniciata da marmo, indica il posto consacrato alla Vergine.
Qui accorrono, ogni giorno tutto l"anno numerosi e ferventi i devoti.
Ricordi, fotografie, ex voto, relitti d"infermità rinnovantisi di giorno in giorno, testimoniano la presenza della Vergine in mezzo ai dolori dell"umanità, che, per le tante grazie operate già dal lontano 1504, è venerata con il titolo di "Madonna della Sanità".
Le feste si celebrano la seconda domenica di settembre per la Giornata della Carità in favore dei malati ed il giorno 29 settembre per ricordare l"Apparizione.


SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLA PIETA' - VALENZA (Alessandria)

Il culto alla Madonna della Pietà è certamente di origine spagnola "Virgen de la Piedad", particolarmente diffuso in Andalusia e nella Galizia. In Valenza vi si trasferirono, tra il 1535 ed il 1707, molti spagnoli. Che l"effigie sia di origine spagnola lo si deve al fatto che la Pietà è stata effigiata tra San Pietro e San Giovanni come è nella tradizione spagnola. La Sacra Immagine era stata dipinta, come è tradizione in Spagna, sul muro esterno dell"abitazione di qualche famiglia spagnola residente in Valenza Po, e deve essere rimasta esposta per molto tempo alle intemperie. Non si sa come e quando il culto per la Madonna della Pietà sia cominciato, ma è certo che, non ostante la distanza dal paese, molta era la gente che vi si recava per chiedere grazie a Maria. Questa partecipazione portò a costruire intorno al dipinto una cappella, ma poiché molta continuava ad essere la presenza popolare che veniva da tutti i paesi del Monferrato e della Lomellina, si dovette presto ampliare la cappella. Nel corso del 1700 il culto andava sempre più ampliandosi e la partecipazione dei pellegrini era sempre più imponente. Nel 1866 il parroco del Duomo di Valenza Po, don Giuseppe Pellari, acquistò dei terreni circostanti e costruì un"elegante chiesa campestre. Negli anni successivi fu costruito un altare ed eseguiti altri miglioramenti. Nel 1961, con l"aiuto e la generosità del Comm. Ettore Balbi, fu possibile un ulteriore ampliamento e l"Immagine di Maria fu staccata dal muro e sistemata sull"altare ed il muro antico fu abbattuto. Il 21 luglio 1966, il Santuario veniva eretto a Parrocchia e proclamato solennemente il 18 settembre successivo. Il Parroco della nuova parrocchia don Mario Carmelli, così stigmatizzava i momenti fondamentali del Santuario: "Chi avrebbe previsto trecento anni fa, allorché uno sconosciuto dipinse l"affresco della Pietà in una edicola di campagna, che quell"immagine, un giorno, avrebbe richiamato a sé tante anime e sarebbe diventata il cuore di una famiglia parrocchiale? Ma questi sono i piani della Divina Provvidenza che si realizzano per quella catena di interventi che ai contemporanei non dicono nulla di più del fatto in sé stesso e che, nel disegno di Dio, fanno parte di un ordito che diventerà una realtà solo a Lui nota." Le feste si celebrano la 1^ e la 3^ domenica di settembre.


SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SACRO MONTE - VARALLO

Il Sacro Monte
Il Sacro Monte sorse per iniziativa del Beato Bernardino Caimi, che, di ritorno dalla Terra Santa (alla fine del 1400), volle ricreare in piccolo i luoghi della Palestina.
Al progetto settant'anni più tardi si interessò anche S. Carlo Borromeo, che diede nuovo impulso all'opera e la denominò "Nuova Gerusalemme".
Il complesso degli edifici, una cinquantina è stato costruito nel corso di un paio di secoli. Ogni cappella rappresenta, con affreschi (circa 4.000 figure) e con gruppi di statue (circa 400), scene della vita di Gesù e di Maria.
Fra gli artisti più importanti che hanno lavorato a Varallo c'è Gaudenzio Ferrari, che collaborò con il fondatore add avviare il S. Monte: sua è la grandiosa cappella della Crocifissione.
Il S. Monte di Varallo, per la bellezza del luogo, pr le sue testimonianze di fede e di arte, costituisce un monumento unico nel suo genere.

La Basilica
Fu voluta nel 1614, sotto gli auspici del vescovo di Novara, Venerabile Carlo Bascape, e venne finanziata dal nobile cavaliere pavese Agostino Beccaria e dalle offerte dei pellegrini. Realizzata a poco a poco su disegni di Bartolomeo Ravelli e di Giovanni d'Enrico (1614), fu terminata nel 1713 con una facciata di linee molto semplici. La facciata attuale è sorta negli anni 1891-1896 per h munificenza dei coniugi Costantino e Giulia Durio e su disegno dell'arch. Giovanni Ceruti di Valduggia.
Il portale di bronzo
È tra i capolavori che maggiormente si ammirano appena giunti alle soglie della Basilica. I vari pannelli che gli danno risalto rappresentano alcuni episodi della Sacra Scrittura simbolicamente riferentisi alla Madonna.
A Lei infatti e' dedicata la Basilica. Fu disegnata dall'arch. Giovanni Cerutì. Lo modellò Leone Antonini di Vocca, e lo fuse Giovanni Lomazzi di Milano.

La Vergine dormiente
Bellissimo simulacro della Madonna venerato fino dai primi tempi quando era collocato nella chiesa vecchia. È stato portato nell'attuale Basilica nel 1679 e, attorno ad esso, è polarizzata la vita del Sacro Monte in quanto Santuario. La tradizione (del seicento) dice che fosse venerata nella Basilica di S. Sofia, a Costantinopoli, prima del 1453. È la Madonna del Sacro Monte.